Responsabilità del giudice: ai fini della risarcibilità del danno cagionato per la responsabilità del giudice nell’esercizio delle proprie funzioni, basta che il magistrato abbia agito con colpa?
La responsabilità del giudice, prevista dalla legge 13 aprile 1988, n. 117 è incentrata sulla colpa grave del magistrato tipizzata nell’art. 2 della citata norma.
Le ipotesi specifiche ricomprese nell’art. 2 sono riconducibili al comune fattore della negligenza inescusabile, che implica la necessità della configurazione di un quid pluris rispetto alla colpa grave delineata dall’art. 2236 cod. civ.
Nella fattispecie, un’azienda ha proposto reclamo avverso il decreto del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 117 del 1988, l’azione risarcitoria promossa dalla stessa società in relazione alla condotta di un giudice del Tribunale di Ancona.
La Corte di appello dell’Aquila ha rigettato tale reclamo, sostenendo che la decisione del giudice unico, seppure ritenuta erronea in secondo grado, si era comunque estrinsecata in una attività interpretativa.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla questione, con la sentenza n. 6791/2016, ha ritenuto responsabile il magistrato che aveva sbagliato nel valutare l’interruzione della prescrizione, considerando questo un errore abnorme sull’applicazione delle norme e non un errore di interpretazione.
Gli Ermellini hanno chiarito che comunque i presupposti della responsabilità ex art. 2 della legge n. 117 del 1988 devono ritenersi sussistenti quando vi sia una violazione evidente e macroscopica della norma o una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico o l’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore o la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo.
Quindi affinché vi possa essere responsabilità del giudice si esige che la colpa si presenti come “non spiegabile”, e cioè priva di agganci con le particolarità della vicenda, che potrebbero rendere comprensibile, anche se non giustificato, l’errore del magistrato.