Autoriduzione canone Tra i doveri che ricadono sull’inquilino di un appartamento vi è il pagamento puntuale ed integrale del canone di locazione mensile e delle spese condominiali da corrispondere al proprietario di casa.
In questi tempi di crisi, è sempre più difficile trovare un inquilino diligente che ottemperi i propri doveri.
Per intimare lo sfratto è sufficiente il mancato pagamento di una sola mensilità laddove il ritardo si protragga per almeno 20 giorni (Pertanto il procedimento di sfratto può essere azionato solo a partire dal ventunesimo giorno successivo a quello in cui il pagamento doveva avvenire), mentre il pagamento delle spese condominiali l’ammontare dell’inadempimento deve essere superiore a due mensilità di canone.
Ogni tanto succede, tuttavia, che lo stesso inquilino si autoriduca il canone da versarsi lamentando vizi nell’immobile.
L’orientamento maggioritario della giurisprudenza è decisamente concorde nel ritenere che l’autoriduzione da parte dell’inquilino di un canone diverso da quello pattuito nel contratto di locazione costituisca un fatto arbitrario ed illegittimo che può portare alla risoluzione stessa del contratto per inadempimento.
Infatti, è possibile chiedere, soprattutto se si versa in difficili situazioni economiche, una riduzione, nel corso del rapporto, al proprietario, ma ciò deve essere messo per iscritto tramite scrittura privata che va registrata presso l’Agenzia delle Entrate competente presso la quale è stato registrato il contratto medesimo.
Un altro caso in cui l’inquilino, ai sensi dell’art. 1578 c.c., ha il diritto di chiedere, in alternativa alla risoluzione del contratto, la riduzione, presentando domanda al Giudice, è quando vi sono dei normali vizi che possono “diminuire in maniera apprezzabile l’idoneità dell’immobile”.
Alla luce di tale principio, il Tribunale di Milano con sentenza n. 12427 del 09.11.2016 ha riconosciuto l’inadempimento del conduttore che aveva deciso di sospendere integralmente il pagamento dei canoni locatizi a seguito della presenza di infiltrazioni ed allagamenti che rendevano inutilizzabile gran parte dell’immobile.
Di fatto, il conduttore si era autoridotto il canone e, solo dopo aver ricevuto il decreto ingiuntivo di pagamento, aveva presentato opposizione chiedendo al Giudice di accertare la presenza di vizi nell’immobile e, pertanto, la legittima sospensione del pagamento del canone. E questo poco prima di rilasciare definitivamente l’immobile.
Sulla scorta dei principi della Suprema Corte, il Tribunale meneghino ha ribadito che la sospensione, parziale o totale, del canone si deve considerare legittima solo laddove i vizi dell’immobile comportano un impedimento totale del godimento del bene stesso.
E in ogni caso, anche in presenza di vizi, solo il Giudice ha il “potere di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti disponendo la riduzione della prestazione contrattuale del conduttore”.