In sede di separazione o divorzio dei coniugi, ai sensi dell’art. 155 quinques del codice civile, il Giudice può disporre la corresponsione dell’assegno di mantenimento oltre che al coniuge e ai figli minorenni, anche ai figli che hanno già raggiunto la maggiore età.
In questo ultimo caso, ai fini del versamento di tale assegno periodico, deve sussistere in capo al figlio, quale imprescindibile condizione, la mancata indipendenza economica, la quale, una volta raggiunta, implica – pur sempre non in via automatica ma da valutare caso per caso – la revoca della corresponsione medesima.
Onde tuttavia evitare che i figli maggiorenni approfittino di tale norma, abusandone e svuotandone il contenuto ed il principio fondamentale su cui poggia, ovvero la salvaguardia dell’interesse superiore della prole e che i poveri genitori continuino a mantenere figli – che qualche volta si rivelano veri e propri parassiti – a tempo indeterminato, la Corte di Cassazione si è pronunciata precisando il significato di “indipendenza economica” che va valutata caso per caso.
In questa sede si vuole ricordare la recente sentenza n. 7970 del 2 Aprile 2013, nella quale i Giudici di Piazza Cavour, hanno disposto la revoca dell’assegno di mantenimento da parte del padre in favore della figlia di ben 37 anni, la quale rifiutava costantemente le diverse offerte di lavoro che le si presentavano poiché, a suo dire, non coincidevano con le proprie aspirazioni.
Gli Ermellini, infatti, hanno dichiarato che “ai fini dell’esonero dell’assegno per il figlio maggiorenne, è necessario che il mancato svolgimento dell’attività lavorativa sia dipeso da inerzia o rifiuto ingiustificato”.