Dal punto di vista penale l’abbandono del tetto coniugale non è più previsto come reato. Cosa succede invece dal punto di vista civile?
Ai sensi dell’ art. 151 cod. civ. la separazione dei coniugi per essere giuridicamente lecita deve trovare causa e giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile. Se questa situazione viene provata in giudizio non vi è addebito della separazione, in caso contrario si!
La Cassazione ha recentemente stabilito nella sentenza 2183 del 2013 che se si verifica una situazione di intollerabilità di prosecuzione della convivenza, riguardante anche un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto a chiedere la separazione, con la conseguenza che la relativa domanda non può costituire ragione di addebito.
Tale principio è stato applicato dagli Ermellini, ritenendo provata la disaffezione di una moglie nei confronti del marito, in particolare con riguardo all’età della signora (70 anni) quando si allontanò dall’abitazione coniugale; ciò indicava chiaramente il superamento del limite di tollerabilità dell’infelicità, in quanto ad un’età avanzata per una persona sarebbe normale sentire il bisogno di vicinanza e di solidarietà morale e materiale con il coniuge, piuttosto che la necessità di porre fine a una lunga convivenza.
Quindi, se è riscontrabile da un punto di vista oggettivo l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale, è legittima la domanda di separazione svolta da un solo coniuge, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale di una sola delle parti.
Completamente diverse le conseguenze avute da una madre che aveva deciso di abbandonare il tetto coniugale con i figli per diversi mesi senza dare alcuna notizia a causa dei ripetuti tradimenti del marito.
In questo caso, infatti, la Cassazione con la sentenza 10719 del 2013 ha addebitato la separazione alla moglie e affidato i figli al marito, ritenendo che l’allontanamento dalla casa coniugale può essere giustificato solo da una situazione di grave intollerabilità che deve essere dimostrata dal coniuge.
Gli Ermellini, infatti, hanno ritenuto l’allontanamento unilaterale e non temporaneo dalla casa coniugale unitamente ai figli minori “una grave violazione dei doveri coniugali e familiari”, inoltre i cassazionisti hanno sottolineato “anche il comportamento tenuto dal coniuge successivamente al venire meno della convivenza, ma in tempi immediatamente prossimi a detta cessazione può rilevare ai fini della dichiarazione di addebito di separazione allorché costituisca una conferma del passato e concorra a illuminare sulla condotta pregressa”.
In definitiva, l’abbandono del domicilio coniugale è causa di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui era intollerabile la prosecuzione della convivenza.