Non di rado accade che dopo la decisione di dimettere un paziente, scelta effettuata dal direttore sanitario di ogni singolo reparto dell’ospedale, questi, purtroppo, muoia a distanza di pochi giorni, o addirittura ore.
Recentemente la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 26966 del 20.06.2013 ha riconosciuto responsabile della morte di un paziente il medico curante che, alla luce di motivi palesi che possono indurre a dissentire dalla decisione presa dal direttore sanitario, si è comunque conformato al giudizio dello stesso, seguendolo pedissequamente.
In particolare i Giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso di un medico condannato per la morte di un paziente deceduto per arresto cardiocircolatorio a seguito di occlusione intestinale, dopo essere stato dimesso senza aver verificato la presenza di residui intestinali di bario, elemento chimico in precedenza insufflato per condurre esami radiologici.
A parere degli Ermellini, infatti, “il medico che insieme al direttore del reparto compie attività sanitaria non può pretendere di essere sollevato da responsabilità ove ometta di differenziare la propria posizione, rendendo palesi i motivi che lo inducono a dissentire della decisione eventualmente presa dal direttore sanitario”.
E ancora “tenuto conto degli interessi primari da salvaguardare e delle qualificate e specifiche competenze professionali dei protagonisti non può affatto ritenersi che il medico, chiamato nello svolgimento di funzioni sanitarie, possa venir meno al dovere primario di assicurare, sulla base della miglior scienza di settore, le migliori cure ed attenzioni al paziente, in base ad un male interpretato dovere di subordinazione gerarchica”.
Lo stesso medico non può esimersi dalle proprie responsabilità sostenendo che il degente era stato seguito principalmente da altri medici se aveva partecipato comunque, come in questo caso, alla visita collegiale, e dunque era in gado di avere “a disposizione tutti i dati clinici del caso raccolti in cartella”, potendosi così “rendere conto dell’inopportunità dell’immediata dimissione”.