Oggigiorno, tra le cause maggiori e più frequenti che inducono i coniugi a separarsi troviamo sicuramente il tradimento perpetrato da uno dei consorti, a seguito del quale – trattandosi di una violazione degli obblighi previsti all’ art. 143 c.c. – il coniuge “tradito” può richiedere al Giudice l’addebito della separazione unitamente all’assegno di mantenimento posto a carico del coniuge fedifrago.
Tuttavia, ai fini dell’addebito, è necessario che il tradimento (o ogni altra violazione dei doveri coniugali) sia stata la causa determinante che ha inevitabilmente condotto alla crisi della relazione matrimoniale.
In un procedimento di separazione dei coniugi, i Giudici della Corte d’Appello, in linea con la decisione del Tribunale circa l’affido condiviso dei figli minori con collocamento presso il padre, assegnatario della casa coniugale ed obbligato al mantenimento degli stessi, avevano rigettato, invece, la richiesta di addebito formulata dal marito a carico della moglie a seguito del tradimento da lui scoperto, rilevando che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà da parte della consorte non era stata determinante per la crisi coniugale avendo l’uomo dichiarato – all’udienza presidenziale – di essere disposto a conciliarsi con la moglie nonostante la relazione extraconiugale tessuta dalla stessa da più di otto mesi.
Il marito, al fine di vedere accogliere la richiesta di addebito posto a carico della moglie, aveva presentato allora ricorso avanti alla Corte di Cassazione, la quale con sentenza n. 16270 del 27.06.2013 aveva rigettato la richiesta di addebito della separazione a carico della moglie poiché non poteva configurarsi l’addebito in presenza soprattutto della disponibilità e volontà del marito di riconciliarsi con la donna.
A parere degli Ermellini, infatti, se “da un lato appare corretto orientare l’indagine nel senso di verificare se l’infedeltà della moglie ebbe effettiva incidenza causale sulla crisi del matrimonio, non va omesso di considerare che una generica affermazione di volontà di riconciliarsi, la quale di per sé non elide alla gravità del vulnus subito, e che, in ogni caso, costituisce un posterius rispetto alla proposizione della domanda di separazione, con richiesta di addebito, proprio per aver scoperto l’adulterio, in tanto può assumere valore in quanto determini un effettivo ristabilimento dell’armonia coniugale”.
Tale sentenza, pertanto, conferma, ancora una volta, l’orientamento giurisprudenziale oramai consolidato che pone, quale presupposto per la richiesta di addebito della separazione, la necessaria presenza di un nesso causale tra la violazione dei doveri coniugali (la fedeltà) e la crisi del matrimonio, nesso che va accertato ogni volta verificando se la relazione extraconiugale intervenga in un menage familiare già seriamente compromesso o sia stata da sola sufficiente e determinante a porre fine al matrimonio.