L’esistenza di un provvedimento di assegnazione non è elemento che possa da solo incidere sulla pignorabilità del bene. Lo afferma la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 12466 del 19 luglio 2013, ha respinto il ricorso di una donna che a causa dei debiti dell’ex marito si era vista pignorare la casa assegnatale dal Giudice in sede di separazione quale affidataria del figlio minorenne.
Nella fattispecie la ricorrente sosteneva che l’immobile fosse di proprietà del debitore solo per metà, avendolo acquistato in regine di comunione legale dei beni; ma, con sentenza di primo grado, i giudici avevano ritenuto che l’immobile fosse di proprietà esclusiva dell’ ex marito e che l’assegnazione non era opponibile al creditore procedente in quanto non era stata trascritta.
Si fa presente che l’assegnazione dell’immobile al coniuge affidatario è opponibile al terzo solo per i nove anni successivi all’assegnazione della casa, invece è sempre opponibile qualora il provvedimento sia stato trascritto.
La Cassazione ha sottolineato che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di merito, lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi si verifica, con effetto ex nunc, dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione ovvero dell’omologazione degli accordi di separazione consensuale, e non dal momento in cui il Presidente autorizza i coniugi a vivere separatamente.
Gli ermellini hanno poi affermato che, ai sensi dell’art. 6, comma 6, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, applicabile anche in tema di separazione personale, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario è opponibile, al terzo acquirente (o al creditore del marito) in data successiva, ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto.
Infatti, il diritto di abitazione vantato dall’assegnataria, opponibile al terzo, non paralizza tuttavia quello del creditore di procedere in via esecutiva sul bene oggetto dell’assegnazione, pignorandolo e facendolo vendere coattivamente. Solo la trascrizione avrebbe potuto bloccare la procedura esecutiva.
La Cassazione ha concluso sostenendo che non cade in comunione legale l’immobile che, promesso in vendita a persona coniugata in regime di comunione legale, sia coattivamente trasferito ex art. 2932 cod. civ, a causa dell’inadempimento del promittente venditore, al promissario acquirente, con sentenza passata in giudicato dopo che tra quest’ultimo ed il coniuge era stata pronunciata la separazione.