La Corte di Cassazione risponde affermativamente a tale quesito, ritenendo che la vendita di un bene ereditario venga disciplinato dall’art. 1108 cod.civ., relativo alla comunione ordinaria, che al terzo comma prevede espressamente che “è necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni”.
Nella fattispecie una signora ricorreva contro i cugini coeredi i quali avevano venduto alcuni beni dell’ asse ereditario della zia senza il proprio consenso.
Con sentenza di primo grado i giudici rigettavano la domanda attorea ritenendo che per la vendita dei beni ereditari non fosse necessario il consenso unanime di tutti i comunisti; i giudici d’Appello, invece, annullavano la vendita perché avvenuta in violazione delle norme sulla comunione ordinaria, applicabili anche alla comunione ordinaria.
Gli ermellini confermavano quanto detto dalla Corte d’Appello, sottolineando che l’art. 1108, terzo comma, cod. civ., secondo cui è necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione del fondo comune, è pertinente a ogni specie di comunione, quindi si applica pure in ipotesi di comunione derivante dalla successione per causa di morte.
Questo risulta evidente anche dal disposto dell’art. 719 cod. civ., il quale, in via di eccezione, prevede che la vendita possa essere deliberata a maggioranza esclusivamente ove la stessa sia necessaria per il pagamento dei debiti e pesi ereditari.
La comunione ereditaria, non essendo altro che una forma di comunione ordinaria, è regolata dalle norme generali sulla comunione se non è diversamente disposto dalle norme particolari che riguardano la successione.