Recesso contratto di compravendita: Il commento alla questione giuridica trattata in questo articolo, trae origine da un caso portato in giudizio dal nostro studio di Torino.
La sentenza del Tribunale di Torino n. 3249/2918, giudice Marongiu Ester, giunge al termine di una causa, avente ad oggetto l’accertamento della legittimità del recesso preliminare di compravendita di un immobile, la condanna del convenuto alla restituzione del doppio della caparra versata e la restituzione di varie somme incassate a titolo di acconto.
E’ una sentenza interessante per il cospicuo richiamo giurisprudenziale che fa chiarezza sulla qualificazione della domanda proposta da parte attrice quale domanda di risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1453, ovvero ex art. 1456 c.c..
Oppure quale esercizio della facoltà di recesso ex art. 1385, 2° comma c.c.,” il che rileva – ricorda la sentenza – sotto il profilo degli effetti restitutori e ripristinatori conseguenti alla pronuncia di scioglimento del contratto”.
Premesso che, in ogni caso, deve ribadirsi il principio enunciato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, nella sentenza n. 13533 del 30.10.2001, secondo cui “il creditore, sia che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento”;
Il Giudice torinese rileva che ” dalla mera lettura dell’atto di citazione appare evidente come l’attore non abbia inteso avvalersi dell’ordinario rimedio della risoluzione del contratto, né proposto domanda di accertamento dell’intervenuta risoluzione di diritto del contratto, ma esercitare la facoltà di recesso ex art. 1385, 2° comma c.c. a causa del comportamento gravemente inadempiente della società promittente venditrice.
Come sottolineato dalla Suprema Corte, per il recesso contratto di compravendita, “una domanda di recesso, ancorché non formalmente proposta, può ritenersi egualmente, anche se implicitamente, avanzata in causa dalla parte adempiente, quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta come ragione legittimante la pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra a lei a suo tempo corrisposta quale unica ed esaustiva sanzione risarcitoria di siffatta inadempienza”(cfr. Cass. n. 2032/94)”
Inoltre, pare opportuno rilevare che, come precisato dalla giurisprudenza, in merito al recesso contratto di compravendita, sebbene la domanda giudiziale di recesso sia incompatibile con quella di risoluzione, è consentito al contraente non inadempiente di formulare una domanda giudiziale di recesso anche laddove – com’è avvenuto nel caso di specie – egli abbia pregiudizialmente inviato una diffida ad adempiere ai sensi dell’art. 1454 c.c.: “con riferimento ad un contratto cui acceda la consegna di una caparra confirmatoria, il contraente non inadempiente che abbia intimato diffida ad adempiere alla controparte, dichiarando espressamente che allo spirare del termine fissato, il contratto si avrà per risoluto di diritto, ben può rinunciare successivamente, anche mercé comportamenti concludenti, alla diffida ed al suo effetto risolutivo, con la conseguenza che dovrà ritenersi legittimamente esercitato, ad opera della parte adempiente, il diritto di recesso di cui all’art. 1385 c.c.” (Cass. 7182/1997);