Nella fattispecie una signora ha convenuto in giudizio per responsabilità professionale il medico e la struttura presso la quale si era recata per un controllo mammografico, che era stato effettuato ma senza la diagnosi della neoplasia maligna, poi rivelatasi in sede di intervento chirurgico. L’attrice moriva durante il processo e questo veniva riassunto dagli eredi.
La Cassazione, ribadendo il principio già espresso dalle Sezioni Unite nella nota sentenza n. 577/2008, ha chiarito innanzitutto che, ai fini del riparto dell’onere probatorio, l’attore danneggiato deve provare il contratto, o il contatto sociale, e l’inadempimento del debitore che ha causato il pregiudizio lamentato; invece, spetta al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato o che, pur esistendo, esso non è stato rilevante.
La Suprema Corte ha affermato quindi che la fattispecie si inquadrava nel cosiddetto contatto sociale intercorso tra la struttura medica radiologica di alto livello, il radiologo operante al suo interno, e il paziente che ha ricevuto una prestazione errata e inadeguata, in quanto l’analisi radiologica, secondo l’arte medica al tempo esistente, avrebbe dovuto rilevare la presenza di cellule irregolari e tali da segnalare l’esistenza di un tumore mammario.
La Corte ha riconosciuto quindi che nella vicenda “vi è un concorso di colpe tra la struttura, che si avvale di un medico imperito, e il medico stesso che omette di approfondire le analisi e di dare una diagnosi corretta”.