Assegno moglie disoccupata: ridotto se non si attiva per cercare lavoro. La Cassazione, si è pronunciata in materia di assegno di divorzio con l’ordinanza n. 3661/2020 la quale prevede che l’assegno di divorzio deve essere ridotto se la moglie, dopo la fine del matrimonio, non si attiva nel cercare un lavoro e tiene un atteggiamento passivo, facendo così ricadere la conclusione del rapporto sull’ex marito.
Assegno moglie disoccupata: ridotto se non si attiva per cercare lavoro. Nel caso specifico, nella vicenda processuale, infatti, la Corte d’Appello su ricorso dell’ex marito, tenuto a versare alla ex moglie un assegno mensile di 4000 euro in virtù della sentenza di divorzio, riduce l’assegno a 2000 euro, perché la donna nel frattempo è diventata erede prima della madre e poi del padre e dopo la separazione non ha cercato un’occupazione. Avverso la decisione del giudice di secondo cure la donna ricorre in Cassazione lamentando nel quarto motivo del ricorso come la Corte abbia interpretato erroneamente l’art. 5 comma 6 della legge n. 898/1970 nella parte in cui afferma che dopo la separazione non c’è prova che la ex moglie si sia attivata nella ricerca di un’occupazione.
Assegno moglie disoccupata: ridotto se non si attiva per cercare lavoro. Con riferimento alla prima vicenda processuale la questione si conclude con l’emissione dell’ordinanza n. 3661/2020 che dispone il rigetto del ricorso della moglie. Per la Corte infatti, nel riconoscere e nel quantificare l’assegno di divorzio assumono rilievo “le capacità dell’ex coniuge di procurarsi i mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali, piuttosto che, come ritiene parte ricorrente, le occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro. Infatti se la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si può che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista, di chi di limiti ad aspettare opportunità di lavoro, riversando sul coniuge più abbiente, l’esito della fine della vita matrimoniale.”