Prescrizione del credito, cos’è. La prescrizione del credito è un istituto giuridico in base al quale, se il titolare del diritto, chiamato creditore, non lo esercita entro un determinato lasso temporale, il suo diritto si estingue e non può più essere fatto valere.
La legge, infatti, prevede che chiunque abbia un credito nei confronti di un altro soggetto, può esercitare il suo diritto e pretenderne il pagamento, entro un determinato periodo di tempo.
Decorso inutilmente tale periodo, il creditore non avrà più la possibilità di riottenere i propri soldi, in quanto il debito si è estinto per prescrizione.
Tale regola è dettata dall’art. 2934 c.c. secondo cui “Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”.
Prescrizione del credito: quando si prescrive il credito? Il termine di prescrizione cambia in base al tipo di credito vantato nei confronti del debitore.
La regola generale è che un credito si prescrive in 10 anni (c.d. prescrizione ordinaria).
Vi sono poi, per alcune tipologie di crediti, dei termini di prescrizione più brevi (che variano da 6 mesi a 5 anni).
Come si interrompe la prescrizione? Occorre, come detto pocanzi, un’attività da parte del creditore. Il Codice Civile individua tali attività come segue:
- l’art. 2943 c.c. prevede che la prescrizione è interrotta, oltre che dalla notificazione dell’atto con cui si inizia un giudizio o dalla domanda proposta nel corso di un giudizio, anche da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore: il legislatore, dunque, garantisce che la prescrizione non opera qualora sopraggiunga una causa che faccia venire meno l’inerzia del titolare, presupposto stesso dell’istituto;
- l’art. 1219 c.c. precisa come la costituzione in mora debba consistere in una intimazione o richiesta fatta per iscritto.
Non è facile, però, individuare quali caratteristiche debba presentare questa richiesta fatta per iscritto, affinchè sia valida ad interrompere la prescrizione. Ad esempio, è necessario che essa contenga l’indicazione dello specifico importo dovuto? Oppure basta che l’atto contenga la richiesta di pagamento?
In una recente pronuncia la Corte di Cassazione ha affrontato proprio il tema della prescrizione del credito, precisando in particolare quali caratteristiche deve avere l’atto valido ad interromperla.
La pronuncia della Corte di Cassazione: la vicenda. Il caso concretamente giunto all’attenzione della Cassazione, in particolare, riguardava il credito di un avvocato nei confronti di un cliente, il quale dopo esser stato assistito in giudizio dal professionista non gli aveva pagato la parcella. Ricevuto per tale ragione un decreto ingiuntivo, il cliente aveva proposto opposizione segnalando la prescrizione del credito del professionista.
Il Giudice di primo grado, allora, aveva dato torto all’avvocato creditore, ritenendo prescritto il suo credito alla luce della inidoneità dei meri solleciti da questo inviati al debitore a interrompere la prescrizione.
Avverso tale sentenza aveva proposto ricorso il professionista facendo presente che le missive di sollecito, pur non indicando nel dettaglio gli importi richiesti, indicavano chiaramente la volontà del creditore di ottenere il pagamento della propria parcella.
La pronuncia della Corte di Cassazione: la decisione. La Suprema Corte ha accolto la doglianza del creditore ed espresso il seguente principio: qualsiasi atto stragiudiziale che individua la persona del debitore e contiene la richiesta scritta di adempiere è idoneo a interrompere la prescrizione (Corte di Cassazione, Ordinanza n. 7835 del 10 marzo 2022).
L’atto interruttivo della prescrizione, secondo i Giudici, non deve necessariamente indicare l’importo richiesto in pagamento o l’intimazione ad adempiere essendo sufficiente:
- la richiesta scritta di adempimento
- l’individuazione del debitore.
La Cassazione richiama una precedente pronuncia che aveva stabilito che, ai fini dell’interruzione della prescrizione, è sufficiente la comunicazione del fatto costitutivo della pretesa: il termine, dunque, si interrompe nel caso in cui l’atto inoltrato al debitore sia idoneo a portare chiaramente a conoscenza di quest’ultimo la manifesta volontà del creditore di far valere il proprio diritto (cfr. anche Cass. n. 24054 del 2015).