È oramai consolidato e risaputo che a favore dei figli – anche maggiorenni non indipendenti economicamente – in sede di separazione e, successivamente di divorzio, il Giudice, tenuto conto delle capacità patrimoniali di entrambi i coniugi, dispone a carico del coniuge non affidatario la corresponsione mensile di un assegno a titolo di contributo al mantenimento della prole.
Tale somma, il cui importo viene stabilito in modo forfettario, serve per fare fronte a diverse esigenze della vita quotidiana del figlio, esigenze che devono essere soddisfatte a 360 gradi, dalla scuola alla salute, dall’assistenza materiale a quella morale.
Recentemente la Suprema Corte, sulla scia di altri precedenti giurisprudenziali analoghi, con sentenza n. 12645 del 18.06.2015, ha stabilito che l’ex coniuge onerato alla corresponsione di tale somministrazione periodica non ha diritto al rendiconto su come vengono spesi i soldi versati all’ex coniuge per il contributo al mantenimento del figlio.
Il diritto alla “verifica” su come i soldi versati all’ex moglie vengono spesi non sorge neppure se l’ex moglie “ha lasciato” pignorare la casa coniugale omettendo di pagare le spese condominiali!
Comprensibili sono le contestazioni e le obiezioni che tale posizione giurisprudenziale – in verità assai consolidata – ha sollevato.
Escludere il coniuge onerato dalla possibilità di attuare un “controllo” su come i propri soldi – destinati alla prole – (e che magari possono essere utilizzati dall’altro coniuge per esigenze personali) vengano spesi, non farebbe altro che fomentare ed accentuare un grado di litigiosità tra coniugi – già naturalmente elevato. Alimenterebbe, infatti, inutili dubbi e sospetti sulla sorte dell’assegno versato e ricorrendo, talvolta, alle vie legali, tutto ciò a discapito del superiore ed esclusivo interesse dei figli, specie se minorenni.