Una questione molto discussa tra dottrina e giurisprudenza, e su cui non vi è ancora una soluzione univoca, riguarda la domanda se anche i coniugi in separazione dei beni siano chiamati a rispondere solidalmente per i debiti contratti da uno solo di essi.
La dottrina, basandosi sui principi di parità e solidarietà posti a fondamento della riforma del diritto di famiglia, ritiene che dei debiti contratti nell’interesse della famiglia, anche solo da uno dei due coniugi, siano chiamati a rispondere entrambi, indipendentemente dal loro regime patrimoniale.
La giurisprudenza però non appoggia in pieno tale soluzione, dando maggior importanza alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Infatti, gli Ermellini hanno spesso affermato che l’obbligazione assunte da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l’altro coniuge nella veste di debitore solidale (Cass. 3471/2007).
In alcuni casi, la Cassazione ha però ritenuto che vi possa essere una deroga al principio secondo cui il contratto produce effetto solo tra le parti, quando le obbligazioni contratte da un coniuge riguardino un bisogno primario della famiglia, poichè in questi casi rileva anche il profilo dell’affidamento del contraente che può ritenere che l’obbligazione sia stata contratta anche per conto del coniuge non stipulante.
Quindi sembrerebbe che, al momento, il punto di accordo sulla questione tra giurisprudenza e dottrina sia quello di ritenere che i coniugi in separazione dei beni rispondano solidalmente delle spese fatte nell’interesse della famiglia, ma solo quando queste siano indispensabili (per esempio quelle che riguardano la salute).