Addebito della Separazione: al Marito Fedifrago o alla Moglie Vendicativa?

Sono all’ordine del giorno le numerose crisi matrimoniali che, per diversi motivi, conducono alle separazioni, le cui “colpe” quasi mai sono riconducibili solo al marito o solo alla moglie, essendo spesso entrambi i coniugi, in misura certamente diversa, responsabili della fine della loro relazione.

Tuttavia, in sede di separazione, ai fini della richiesta di addebito formulata da un coniuge nei confronti dell’altro, il Giudice valuta il comportamento di ciascuno e, dopo averli comparati, addebita la separazione a carico del solo coniuge il cui comportamento, contrario ai doveri matrimoniali, è stato ritenuto la causa determinante della separazione.

Ma che cosa accade quando entrambi i coniugi tengono dei comportamenti non propriamente consoni e conformi alla vita matrimoniale?

Come, per esempio, potrebbe pronunciarsi, il Giudice che si trova avanti a sé un marito violento e infedele e una moglie che, mossa da vendetta, denigra e scredita il proprio compagno fedifrago offendendolo davanti ai figli con il chiaro e preciso intento di provocare in loro un odio nei confronti del padre?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23236 del 14.10.2013, ha ritenuto che, nonostante l’atteggiamento denigratorio dell’altro genitore agli occhi dei figli possa essere  ascritto ad entrambi i genitori, la separazione è da addebitarsi al solo marito violento e fedifrago il quale – a differenza della moglie tradita, comprensibilmente rancorosa e vendicativa nei cui confronti non è ascrivibile alcuna volontaria violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio – aveva tenuto un comportamento sistematicamente aggressivo e violento nei confronti della donna e dei figli (coltivando altresì per ben dieci anni una relazione extraconiugale che aveva determinato inequivocabilmente la rottura del matrimonio e la conseguente reazione della moglie).

La Suprema Corte ha dunque comparato i comportamenti dell’uno e dell’altro coniuge, ritenendo addebitabile la separazione al solo marito il cui comportamento contrario all’obbligo di fedeltà ha determinato la crisi del matrimonio.

D’altra parte, gli Ermellini hanno precisato che un atteggiamento unilaterale, ostile, aggressivo e rigido di un coniuge teso a squalificare l’altro, protratto per un lungo periodo di tempo durante la relazione matrimoniale può tradursi – in quanto fonte di angoscia e dolore per l’altro coniuge – in una violazione degli obblighi di assistenza morale e materiale stabiliti all’art. 143 del codice civile.