Assegnazione casa familiare: L’assegnazione casa familiare, costituisce un aspetto particolarmente delicato, di quasi tutti i procedimenti di separazione.
Attraverso la recentissima sentenza la n. 25604/2018 emessa dalla Corte di Cassazione, andremo pertanto ad esaminare un interessante caso in materia di assegnazione casa familiare.
Il caso esaminato ha visto la proposizione di un ricorso, da parte di un padre, contro il provvedimento di assegnazione in favore dell’ex coniuge della casa adibita a residenza familiare, in cui la donna coabitava con la figlia maggiorenne e non ancora autosufficiente.
Il ricorrente, nei proprio scritti, sottolineava come si dovesse tenere in considerazione il fatto che la figlia maggiorenne, era spesso fuori, in quanto frequentava l’università in un’altra città.
Sulla base di tale presupposto, veniva pertanto chiesta la revoca dell’assegnazione casa familiare nei confronti della ex moglie.
Su tale questione la Suprema Corte chiariva che l’istituto assegnazione casa familiare, previsto agli articoli 155 quater c.c. e all’art. 337 sexies c.c., è previsto dal legislatore al fine di garantire la tutela dei figli, permettendo ad essi di continuare ad abitare nell’ambiente domestico di riferimento.
La giurisprudenza, nel considerare da un lato l’interesse di natura economica dell’ex coniuge, proprietario o comproprietario dell’immobile a riottenere la disponibilità al fine di ricavarne un utile, come ad esempio la vendita o la locazione, e dall’altro quello dei figli di poter restare a vivere nella propria casa, deve preferire senz’altro quest’ultimo.
Viene infatti considerato prevalente, l’esigenza dei figli di mantenere le proprie consuetudini di vita continuando a coltivare le relazioni sociali nel tempo instaurate.
Tuttavia, seppur vero che il presupposto assegnazione casa familiare si ritrova nell’affidamento dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, la legge richiede che questi siano stabilmente conviventi ai fini della conferma dalla casa coniugale.
In assenza della stabile convivenza, infatti il provvedimento di assegnazione può essere revocato.
In tal modo, all’ex coniuge viene precluso lo sfruttamento economico della casa familiare, prediligendo la garanzia nei confronti dei figli di poter avere la stabilità domestica, di cui godevano precedentemente alla crisi coniugale.
Con riferimento al requisito della stabilità della convivenza, la Suprema Corte, ha inoltre chiarito che, questo può essere soddisfatto anche nell’ipotesi in cui il figlio viva spesso fuori casa, frequentando ad esempio l’università in un’altra città.
In ogni caso, però dovrà essere fatta un analisi del caso, allo scopo di verificare se sussiste, da parte del figlio, la continuità abitativa presso la casa familiare.
Pertanto, se il figlio continua a garantirsi un collegamento stabile con l’abitazione in oggetto, in cui convive con un genitore, nessuna revoca dell’assegnazione potrà essere disposta dal Giudice ( così Corte di Cassazione, ordinanza n. 25604/2018).
Il Giudice, chiamato a pronunciarsi sulla revoca assegnazione casa familiare, dovrà quindi valutare fattivamente se il collocamento possa essere considerato stabile ed effettivo, tenendo pertanto conto dei rientri presso l’abitazione e della loro durata, con riferimento anche del luogo in cui è collocato il centro principale degli affari e degli interessi del figlio.
Nel caso in cui i rientri, siano sporadici ed occasionali, e non vi è il requisito della stabilità, ratio dell’assegnazione, la stessa potrà essere revocata.