La Cassazione è tornata sul diritto della moglie ad un assegno di mantenimento anche in presenza di suoi propri proventi lavorativi.
Grosso modo questa sentenza richiama quella di cui ci siamo occupati in questa sede qualche mese fa e cioè il diritto dell’ex coniuge a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, con conseguente obbligo per il coniuge “più forte” di colmare di sua tasca l’eventuale divario economico, nulla rilevando la presenza di un reddito proprio dell’ex coniuge, non sufficiente a colmare tale divario.
Nel caso preso in esame dalla sentenza che qui commentiamo, abbiamo un ex marito, capo di un’azienda floro-vivaistica, con serre e negozio espositivo e di rivendita e una ex moglie invece che vive del proprio lavoro da dipendente a basso reddito in un piccolo appartamento di proprietà e che deve anche accudire due figli, uno dei quali portatore di handicap.
Secondo la Cassazione l’evidente squilibrio delle rispettive risorse economiche, legittima la decisione dei giudici di merito di riconoscere un assegno divorzile a favore della donna.
Così la sesta sezione civile della Corte di Cassazione con ordinanza n. 19382 depositata il 15 settembre 2014, ha confermato le statuizioni dei giudici di merito considerando decisivo il notevolissimo divario economico sussistente tra i due ex coniugi.
La Corte ha considerato rilevante ai fini della valutazione positiva sulla determinazione dell’assegno divorzile, e questa ci pare la motivazione più interessante, che a nostro avviso, va oltre la constatazione di un puro e semplice divario economico, anche il “personale contributo dato dalla moglie all’allevamento dei figli, e in particolare l’accudimento del primogenito, portatore di un handicap senso-motorio che ancor oggi ne limita la possibilità di autonomia”.
Al contrario ha considerato apodittiche “le affermazioni del ricorrente circa la reiezione della domanda di invalidità del figlio maggiorenne”, così come “la circostanza che egli goda attualmente di una borsa di studio”, la Suprema Corte ha quindi rigettato il ricorso condannando l’ex marito alle spese del giudizio.