In tema di risarcimento dei danni a seguito di un sinistro stradale, l’art. 2054 c. 1 c.c. prevede un principio di presunzione di responsabilità in capo al conducente del veicolo il quale è tenuto a risarcire il danno prodotto alle persone o alle cose dalla circolazione della vettura, a meno che non fornisca la prova di avere fatto tutto il possibile per evitarlo.
Per superare tale presunzione e far ricadere la colpa sul pedone in via esclusiva o, per lo meno concorrente, il conducente ha l’onere di provare che il pedone ha tenuto una condotta anomala o ha violato le regole basilari del Codice della strada.
Tra le condotte più comuni e le “cattive abitudini” che possono far ragionevolmente sussistere un concorso di colpa in capo al pedone, nella misura che il Giudice riterrà equa, troviamo certamente quella di passare con il semaforo rosso o di non attraversare sulle strisce o, più in generale, di aver posto in essere condotte anomale o repentine che il conducente non è riuscito a fronteggiare, alla luce di elementi fattuali (come la visibilità, il tipo di tratto stradale).
Recentemente, con ordinanza n. 23519/2015, la Cassazione si è dimostrata molto dura contro tali condotte poste in essere dai pedoni, in particolare proprio l’attraversamento fuori dalle strisce pedonali, rigettando il ricorso e negando il risarcimento dei danni formulata da parte dei famigliari di un uomo investito in pieno da un’automobile e che aveva riportato lesioni gravissime, dal momento che l’evento è causato dalla condotta imprudente del pedone.
Il fatto che l’uomo “attraversasse improvvisamente una strada a largo scorrimento, in orario serale, in condizioni di scarsa visibilità e fuori dalle strisce pedonali” parandosi all’improvviso di fronte al conducente che non ha potuto evitarlo, costituisce elemento tale da escludere la presunzione di responsabilità gravante in capo al conducente dell’autoveicolo.
Il comportamento del pedone è suscettibile di assumere una efficienza causale esclusiva dell’evento dannoso ove, per la sua repentinità oltre che per imprudenza, ha messo il conducente del veicolo investitore nella oggettiva impossibilità di evitare l’incidente anche tramite una manovra di emergenza.