Talvolta per la compravendita di immobili ma spesso anche per la locazione, i privati si servono dell’aiuto di un’ “agenzia immobiliare” che sbriga, al posto loro, tutte le faccende burocratiche – amministrative più noiose e lunghe, dalla ricerca e dal contatto del possibile acquirente, alla visione dell’appartamento, alla redazione del contratto preliminare e poi definitivo, fino addirittura al pagamento delle imposte.
Ma cosa succede se il mediatore immobiliare omette di riferire all’acquirente degli elementi fondamentali relativi all’immobile come, per esempio, la presenza di ipoteche o trascrizioni?
Recentemente, la Suprema Corte si è pronunciata su un caso molto curioso ed interessante: in una compravendita immobiliare, come spesso accade con le agenzie immobiliari, l’acquirente sottoscriveva prima la proposta d’acquisto e, in un secondo tempo, il preliminare con il proprietario, corrispondendo altresì la provvigione al mediatore. In entrambe le scritture, si faceva espressamente riferimento proprio alla libertà dell’immobile, risultante privo di ipoteche o trascrizioni che potevano causare effetti pregiudizievoli sul rogito.
Nel caso sottoposto all’attenzione degli Ermellini, il povero acquirente, proprio a causa dei gravami sull’immobile, rimaneva a bocca asciutta poiché, prima della data fissata per il rogito (fine marzo 2005), il “non ancora suo” immobile veniva assegnato a terzi a seguito di una procedura esecutiva immobiliare, già pendente, ma ignota allo sventurato acquirente.
Ecco che il promissario acquirente intentava allora una causa risarcitoria contro l’agenzia immobiliare asserendo la responsabilità per omesse informazioni relative all’immobile e alla sicurezza della conclusione dell’affare.
Il Giudice di primo grado respingeva la domanda sostenendo che, in assenza di uno specifico e preciso incarico, non poteva gravare sul mediatore immobiliare l’obbligo di effettuare indagine tecniche – giuridiche sullo status dell’immobile; in appello, invece, la decisone veniva completamente ribaltata sostenendo che il mediatore avrebbe dovuto verificare puntualmente le informazioni fornitegli dalla parte o, in ogni caso, acquisibili attraverso l’ordinaria diligenza.
Gli Ermellini, con sentenza n. 7178 del 10.04.2015, hanno confermato la decisione del Giudice di secondo grado, sostenendo che il mediatore è tenuto a verificare le informazioni a lui note conoscibili attraverso l’uso della diligenza professionale e relative all’immobile; il mediatore, inoltre, non può trasmettere informazioni che non siano state verificate o, peggio, che si è rifiutato di verificare.
In ogni caso, ricade sul mediatore l’onere di provare l’inesistenza dell’inadempimento o che questo non possa essere a lui imputabile per colpa.
Unico rimedio – suggerito dagli Ermellini – per scongiurare cause intentate contro l’agenzia immobiliare è quello di effettuare ispezioni catastali.
Tuttavia, tale “accorgimento” ha suscitato non poche polemiche e contestazioni: in primis secondo l’art. 1754 c.c., il mediatore è un soggetto privo di vincoli di collaborazione, dipendenza con le Parti e non è un consulente delle stesse; alla luce dell’art. 1759 c.c., poi, il mediatore deve limitarsi a comunicare le circostanze rilevanti e gli elementi “ a lui noti”; per ultimo, il mediatore non ha quelle competenze necessarie per effettuare le indagini catastali.
E così la sentenza n. 7178/2015 è, probabilmente costretta a rimanere un caso sporadico, “l’eccezione alla regola”, “una voce fuori dal coro” laddove l’orientamento giurisprudenziale maggioritario sino ad oggi ha escluso in capo al mediatore siffatto obbligo di accertamento! Vedremo se ci saranno alte sentenze sull’argomento.