In sede di separazione ma anche di divorzio, laddove vi siano figli minorenni, il Giudice dispone circa il mantenimento e l’affido della prole, optando, preferibilmente, per l’affidamento condiviso del minore con collocamento presso il genitore affidatario e conseguente diritto di visita del genitore non affidatario.
Le condizioni stabilite dal Giudice nel provvedimento sono vincolanti per le Parti e non possono essere eluse in alcun modo dai genitori, salvo espressa istanza di modifica delle medesime condizioni, laddove sussistano motivi tali da rendere necessaria ed indispensabile la modifica (es. condotta di uno dei genitori decisamente pregiudizievole all’interesse ed al benessere del minore) o mediante comune accordo tra i coniugi.
Alla luce di tali premesse, la Corte di Cassazione Sezione Penale ha respinto il ricorso presentato dalla madre affidataria la quale, disattendendo le disposizioni del Giudice civile che avevano stabilito il collocamento della figlia neonata di otto mesi presso di sé, con diritto di visita – anche infrasettimanale – del padre, si era trasferita con la piccola da Trento in Sicilia alla ricerca di un lavoro, senza neppure preoccuparsi di comunicare al marito tale scelta o di cercare con lui un eventuale accordo per il trasferimento.
Gli Ermellini, con sentenza n. 43292 del 23.10.2013, confermando le sentenze di primo e di secondo grado nelle quali veniva contesto alla madre affidataria il reato di cui all’art. 388 c.p., hanno stabilito che “l’elusione dell’esecuzione di un provvedimento del Giudice civile riguardo l’affidamento dei minori può concretarsi in un qualunque comportamento da cui possa derivare uno stato di frustrazione delle legittime pretese altrui, ivi compresi atteggiamenti di mero carattere omissivo, quando questi sono finalizzati ad ostacolare ed impedire di fatto l’esercizio di visita e frequentazione della prole”.
La Suprema Corte, infatti, lungi dal voler imporre coattivamente una residenza alla madre, ha inteso tutelare e proteggere il superiore interesse della minore, di appena otto mesi, la quale, allontanata per lunghi periodi dalla figura paterna, avrebbe finito col subire effetti negativi, se non devastanti, volti a pregiudicare, probabilmente anche in modo irreversibile, il rapporto con il padre, di fatto escluso per scelta e condotta unilaterale della madre.
Pertanto, la violazione dei provvedimenti imposti in sede di separazione dal Giudice Civile, senza oltretutto avere preso alcun accordo con il coniuge, integra il reato di mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del Giudice come disciplinato ai sensi dell’art. 388 c.p.