È certamente risaputo che, a seguito della separazione personale dei coniugi, il mancato versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli minorenni costituisce un reato, così come sancito all’art. 570 del codice penale.
La Suprema Corte, con sentenza n. 10147/2013, non ha esitato ad applicare in modo intransigente e rigido tale disposizione anche nel caso in cui il padre, contrariamente alla ex moglie benestante e dotata di mezzi e risorse economiche sufficienti per provvedere ai bisogni ed alle necessità della figlia minorenne, risultava disoccupato e aveva ritardato il versamento per quattro mesi.
Infatti, la Corte, considerando ininfluente ed irrilevante che la madre avesse mezzi necessari per garantire il sostentamento ed il benessere della figlia, ha ritenuto che lo stato di bisogno dei figli minorenni permanga anche nei casi in cui sia la madre a provvedere alla somministrazione dei mezzi di sussistenza.
Inoltre, la Cassazione ha dichiarato che l’asserita insufficienza economica non è da considerarsi rilevante quando “non venga dimostrata, su impulso del soggetto interessato, l’oggettiva impossibilità di adempiere” e, ancora, che la condizione di disoccupazione di per sé non esclude automaticamente la presenza di altre eventuali possibili fonti di reddito, non sollevando pertanto il padre dalla responsabilità penale per il mancato versamento.
È bene ricordare a tutti i padri separati che si è sempre tenuti a corrispondere puntualmente l’assegno di mantenimento per i figli minorenni, a prescindere dalle condizioni economiche della madre, salvo che non si sia nell’impossibilità oggettiva e certa di provvedervi.