La Cassazione con sentenza 6295/2015 ha confermato l’indirizzo già più volte espresso, sancendo l’illegittimità di una delibera che autorizza l’installazione di un ascensore compromettendo i diritti di un condomino.
L’installazione di un ascensore, al di là delle maggioranze richieste per la relativa delibera, è materia complessa che non sempre ha visto pronunce univoche (pensiamo, ad es., all’applicazione del “principio di solidarietà tra condomini” recepito da alcune sentenze) per cui riteniamo utile fare il punto della situazione.
L’ascensore è un bene comune (come lo sono le scale), ragione per cui se la maggioranza qualificata dei condomini approva la delibera, che ne dispone l’installazione, questa ha l’effetto di obbligare anche i condomini di minoranza, che hanno votato contro, a partecipare alla spesa dell’impianto in proporzione ai rispettivi millesimi (art. 1123 c.c.); semprechè non l’abbiano tempestivamente impugnata (entro 30 gg.) con opposto ricorso ed il Tribunale, alla prima udienza, non l’abbia sospesa.
Ai fini che qui interessano, l’art. 1136 c.c. rubricato Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni così come recentemente modificato, dispone che in prima convocazione l’assemblea è validamente costituita con l’intervento di tanti condòmini che rappresentino i 2/3 del valore dell’intero edificio e il 50% + 1 dei partecipanti al condominio. Il quorum deliberativo deve invece vedere rappresentati il 50% + 1 degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio
La seconda convocazione, che deve avvenire in un giorno diverso e non oltre 10 giorni dalla prima, è regolarmente costituita con l’intervento di 1/3 dei partecipanti al condominio i quali rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio. Il quorum deliberativo, deve vedere rappresentati il 50% + 1 degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno 1/3 del valore dell’edificio.(art. 1136, co. 2, c.c.).
Sono previste maggioranze qualificate (la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio) per le deliberazioni che hanno per oggetto la ricostruzione dell’edificio o le riparazioni straordinarie di notevole entità, la tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni (art. 1117quater, c.c.); le innovazioni introdotte dal riformulato comma 2 dell’art. art. 1120 (opere per la sicurezza e la salubrità, per l’abbattimento delle barriere architettoniche…).
L’art. 1120 ,4° comma c.c. fornisce un elenco di “innovazioni vietate”, che la giurisprudenza, nel caso della installazione di un ascensore, non ha considerato sempre in modo univoco: quando cioè l’innovazione compromette la statica o l’estetica dell’edificio o, caso della citata sentenza, viola il diritto, anche di un solo condomino, all’uso o al godimento della cosa comune.
L’opposizione comporterà da parte del Tribunale, l’emissione di un’ordinanza, se all’inizio della causa, o di una sentenza, se al termine dello stesso, che vieterà l’installazione dell’ascensore, riconoscendo illegittima la delibera che l’ha decisa.
La presenza nell’immobile condominiale di una persona anziana (ultrasessantacinquenne), invalida o portatrice di handicap, indipendentemente dal fatto che la stessa sia condomino o un suo familiare, oppure semplicemente un conduttore o un suo familiare, conferisce alla stessa il diritto di chiedere all’assemblea una delibera per l’installazione dell’ascensore considerata quale innovazione diretta al superamento delle barriere architettoniche.
Nel caso in cui il condominio rifiuti di deliberare, il disabile, o chi ne esercita la tutela o potestà può installare le strutture a proprie spese, sempre nel rispetto dell’ art. 1120 .
L’installazione ex novo di un ascensore costituisce una innovazione mentre l’adeguamento alla normativa CEE attiene all’aspetto funzionale e va considerato opera di manutenzione straordinaria (Cass. n. 28679/2011).
1. Prevalenza dei diritti individuali.
“Si deve riconoscere il diritto a pretendere che l’impianto non sia installato davanti al proprio terraneo in modo limitativo dell’accesso, della visibilità, dell’ariosità e dell’utilizzo”(Cass. 6295/2015).
La S.C. ha ritenuto innovazione vietata l’installazione di un ascensore che, pur effettuata nell’interesse generale dei comunisti “fosse lesiva dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva”, comportando una limitazione alla visuale dalle finestre della proprietà privata stabilendo la nullità della delibera assembleare, pur adottata con le maggioranze richieste (Cass. n. 24760/2013).
2. Prevalenza dei diritti condominiali.
L’installazione del nuovo ascensore rientra nella materia delle innovazioni, da adottarsi con le maggioranze richieste dall’art. 1136 c.c. (richiamato dall’art. 1120 c.c.), che, anche laddove comportino l’utilizzo delle parti comuni ad opera di una parte dei condomini sono da ritenersi non lesive “dei diritti all’uso ed al godimento delle parti comuni da parte di ciascun condomino ai sensi dell’art. 1120 c.c., 2° co., considerato che il concetto di inservibilità espresso nel citato articolo va interpretato come sensibile menomazione dell’utilità che il condomino ritraeva secondo l’originaria costituzione della comunione” (Cass. n. 10445/1998); con la conseguenza che pertanto “devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilità a tutti i condomini tranne uno, comportino per quest’ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità”. Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’andito occupati dall’impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l’innovazione lesiva del divieto posto dall’art. 1120 c.c., secondo comma, ove risulti che alla possibilità dell’originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto (Cass. n. 415271994).
3. Le deroghe per l’abbattimento di barriere architettoniche.
In tema di uso delle parti comuni di un edificio in condominio, può essere considerata legittima l’installazione di un ascensore a servizio di una sola unità immobiliare (o di alcune) decisa da un solo condomino (o da un gruppo) e non dall’assemblea secondo quella che appare la lettura più logica della norma relativa alla disciplina dell’utilizzo delle cose comuni, a tenore della quale qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto. Inoltre trattandosi di opera funzionale all’eliminazione di barriere architettoniche limitanti l’accesso alla cosa, l’installazione dell’ascensore è comunque legittima anche se non rispetta il limite delle distanze legali fra costruzioni ex art. 907 c.c. (Cass n.10852/2014).
“L’art. 2, comma 1, della legge n. 13/1989 prevede un abbassamento del quorum richiesto per l’innovazione, indipendentemente dalla presenza di disabili, in relazione ai quali è invece dettata la disposizione del comma 2, che consente loro, in caso di rifiuto del condominio di assumere le deliberazioni aventi ad oggetto le innovazioni atte ad eliminare negli edifici privati le barriere architettoniche, di installare a proprie spese servo scala o strutture mobili e modificare l’ampiezza delle porte d’accesso al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage” (Cass. n. 18334/ 2012).
“… nel caso in cui un condomino disabile si trovi ad abitare un piano alto e sia impossibilitato a raggiungere la propria abitazione se non con evidenti difficoltà, mancando un ascensore, costui potrà far installare a sue spese un ascensore anche se ciò causa la restrizione della scala. Tale installazione dovrà essere consentita dagli altri condomini anche qualora dovesse concretizzarsi per costoro un disagio nell’uso di questa parte comune”(Cass. n. 2156/2012).
“Sussistendo i requisiti degli artt. 1102 e 1120 è possibile installare un ascensore anche se non è stata impugnata la delibera negativa” (Cass. n. 28920/2011).
4. Il conflitto di interessi tra abbattimento di barriere architettoniche e diritti individuali.
“E’ nulla la delibera assunta nel corso di un assemblea condominiale avente a oggetto l’installazione di un ascensore nel cortile comune in quanto l’eccessivo ingombro nel cortile e la vicinanza ad alcune finestre richiederebbe ai singoli condomini un sacrificio (sia dal punto di vista del pregiudizio estetico sia dal punto di vista del pregiudizio economico) superiore alla normale tollerabilità. Va quindi inibita l’installazione dell’ascensore, pur in presenza di un portatore di hc.” (Tribunale di Milano n. 8957/2014).
“… ed infine, non merita particolare attenzione l’assunto del ricorrente secondo il quale la Corte territoriale non avrebbe operato un equo bilanciamento degli interessi contrapposti: dell’interesse del condominio a non subire pregiudizio o limitazioni e dell’interesse di C. di raggiungere comodamente la propria abitazione, perché la Corte territoriale si è fatta carico anche di questo ulteriore profilo, laddove ha affermato che gli interessi contrapposti avrebbero potuto trovare composizione con la realizzazione di un servo scala, per quanto lo stesso fosse realizzabile e accettato dai condomini” (Cass. n. 21568/2012).
“In presenza di un conflitto tra le esigenze dei condomini disabili abitanti ad un piano alto, praticamente impossibilitati, in considerazione del loro stato fisico, a raggiungere la propria abitazione a piedi, e quelle degli altri partecipanti al condominio, per i quali il pregiudizio derivante dall’installazione dell’ascensore si sarebbe risolto non già nella totale impossibilità di un ordinario uso della scala comune, ma soltanto in disagio e scomodità derivanti dalla relativa restrizione e nella difficoltà di usi eccezionali della stessa, deve prevalere la soluzione palesemente equilibrata e conforme ai principi costituzionali della tutela della salute (art. 32) e della funzione sociale della proprietà (art. 42). Pertanto è esente da vizi la decisione dei giudici di merito che hanno ritenuto legittima l’esecuzione, a propria cura e spese, da parte di condomini portatori di handicap di un ascensore che abbia ridotto le dimensioni del vano scala”(Cass. n. 21568/2012).
“Si sarebbe, inoltre dovuto tener conto dei principi di solidarietà condominiale. A tale riguardo questa Corte, con la sentenza n. 12520 del 2010, ha affermato che in materia condominiale, le norme relative ai rapporti di vicinato, tra cui quella dell’art. 889 c.c. trovano applicazione rispetto alle singole unità immobiliari soltanto in quanto compatibili con la concreta struttura dell’edificio… a più forte ragione si sarebbe dovuto tener presente il richiamato principio ai fini di una decisione che, come quella censurata, coinvolgeva i diritti fondamentali dei disabili” (Cass. n.18334/2012).
“Nè è pensabile che la legge n. 13 del 1998, preposta a favorire le opere che eliminano le barriere architettoniche negli edifici privati, abbia previsto delle deroghe rispetto alla normativa appena richiamata. Piuttosto, l’art. 2 di questa legge stabilisce che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27, primo comma, della legge 118 del 30.03.1971, ed all’art. 1, primo comma, del DPR 384 del 27.04.1978, sono approvate dall’assemblea del condominio con le maggioranze previste dall’art. 1136 c.c., 2° e 3° comma, ma, quelle deliberazioni, devono rispettare i limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c. Ciò significa che non può essere consentita, tra l’altro, quell’opera (come nel caso in esame, l’installazione di un ascensore) che rende talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino” (Cass. 28920/2011).
“E’ compito del giudice accertare se l’uso del bene comune da parte di un condomino sia tale da pregiudicare le facoltà di godimento da parte di altri, verificando se sia violato il principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali attraverso il contemperamento degli interessi di tutti i condomini ovvero se l’opera integri o meno un’innovazione pregiudizievole, accertando se parti del bene comune siano di fatto destinate ad uso e comodità esclusiva di singoli condomini o se il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione, e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perderebbe la sua normale ed originaria destinazione” (Cass. n.14789/2009).
L’art. 2 della legge 13 del 09.01.1989, recante norme per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, che prevede la possibilità per l’assemblea condominiale di approvare le innovazionipreordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell’art. 1136 c.c., 2° e 3° comma, in deroga all’art. 1120 c.c., primo comma, che richiama il comma quinto dell’art. 1136 c.c. e, quindi, le più ampie maggioranze ivi contemplate, dispone tuttavia che resta fermo il disposto dell’art. 1120 c.c., secondo comma, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell’utilità secondo l’originaria costituzione della comunione. Ne deriva che a maggior ragione sono nulle le delibere che ancorché adottate a maggioranza al fine indicato siano lesive dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative (Cass. n. 6109 /1994).