Il calcio – lo sport più amato e praticato in Italia – riesce a coinvolgere ed entusiasmare giovani e meno giovani che praticano questa attività sportiva nei luoghi più assurdi e a qualunque ora della giornata.
L’orientamento maggioritario della Suprema Corte, recentemente confermato dalla sentenza n. 20982 del 27.11.2012, tende a non configurare tale sport quale attività pericolosa ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile che prevede un diritto al risarcimento nei confronti di chi abbia subito un danno nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, a meno che l’autore del danno non provi di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
Alla luce di tale orientamento, dunque, numerosi sono stati i ricorsi in Cassazione presentati da “giocatori” che erano stati colpiti da pallonate “nemiche” e che avevano riportato danni alla loro persona.
Gli Ermellini, infatti, non accogliendo la richiesta di risarcimento formulata da un giovane contro la società sportiva di appartenenza e confermando le sentenze di primo e secondo grado, hanno “escluso che al gioco del calcio possa essere riconosciuto carattere di particolare pericolosità, trattandosi di disciplina che privilegia l’aspetto ludico, sicché la stessa non può configurarsi quale attività pericolosa a norma dell’art. 2050 c.c.”.