Cisiamo soffermati diverse volte nei nostri precedenti blog sui casi in cui è possibile chiedere al coniuge che ha violato gli obblighi famigliari di fedeltà, assistenza morale e materiale e coabitazione, l’addebito della separazione.
Si ribadisce che, ai fini dell’addebito, è necessario provare che la crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente ed inequivocabilmente al comportamento volontario e consapevole dell’altro coniuge, conscio così di violare i doveri matrimoniali.
Così, ogni volta che non sarà possibile raggiungere tale prova, il Giudice pronuncerà la separazione senza addebito.
Un episodio recente sottoposto all’attenzione del Tribunale di Treviso riguarda proprio una donna cinquantenne tradita dal marito la quale – chiesta la separazione con addebito a carico del marito “don Giovanni” – rassegnava le proprie dimissioni molto tempo prima che venisse pronunciata la separazione.
Tale scelta è stata dettata forse più dalla vendetta con lo scopo di “rovinare” economicamente il marito fedifrago nel caso in cui lo stesso avesse dovuto corrispondere l’assegno di mantenimento piuttosto che, come sostenuto dalla donna di dedicarsi alla famiglia e di aiutare il figlio nell’esercizio di un’attività tramite la liquidazione del TFR.
I Giudici trevigiani con sentenza n. 1250/2013 hanno rigettato la richiesta di addebito della donna perché in merito a tale circostanza non aveva allegato nessuna prova.
Inoltre, il Tribunale non riconosceva alla donna il diritto al mantenimento poiché la stessa, anche se non più nel fior fiore degli anni, era comunque dotata di una specifica capacità professionale tale da poter essere in grado di trovare una nuova collocazione nel mercato del lavoro.
La donna, poi, non era la classica “desperate housewife”, ovvero la perfetta casalinga tutta dedita al menage famigliare e che, durante il matrimonio, si era essenzialmente se non esclusivamente dedicata alla casa e alla famiglia, risultando piuttosto una donna che, pur lavorando al momento della separazione di fatto, preferiva rassegnare le dimissioni nell’azienda in cui lavorava mettendo in atto, forse, una mossa strategica a danno del marito.
Si evince pertanto, secondo la Suprema Corte, che una donna cinquantenne è in grado di trovare un’altra occupazione, a nulla rilevando le spontanee dimissioni dal lavoro, e si evince altresì che l’addebito non scatta automaticamente se il coniuge è fedifrago.