Assegno divorzile famiglia di fatto . La formazione di una nuova famiglia di fatto da parte del coniuge divorziato, determina la perdita definitiva dell’assegno divorzile, ed anche qualora il nuovo legame si interrompesse, l’assegno non sarà più dovuto.
Attraverso la recentissima sentenza – Cass. Civ., sent. n. 18111 del 21 luglio 2017 – la Suprema Corte di Cassazione, supera i precedenti orientamenti in materia, secondo cui al sorgere di una nuova famiglia, vi sarebbe una sorta di <<quiescenza del diritto all’assegno, che potrebbe riproporsi, in caso di rottura della convivenza tra i familiari di fatto>>.
Mutando completamente orientamento, l’attenzione della Corte viene richiamata da una decisone in materia emessa dalla Corte di Appello di Cagliari, la quale aveva stabilito che non spettasse più ad una ex moglie l’assegno divorzile, avendo la stessa instaurato una convivenza stabile e continuativa con un nuovo compagno, confermando soltanto l’obbligo per l’ex marito di corrispondere la somma di Euro 400 mensili per il mantenimento del figlio.
Ne discende che, qualora venga intrapresa una nuova convivenza, dotati dei connotati della stabilità e continuità, che si atteggiano come un modello di vita comune, analogo a quello che caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio, determinandosi in tal modo una vera e propria famiglia di fatto, viene meno automaticamente il diritto dell’ex moglie all’assegno divorzile.
La Cassazione, esprimendosi sul punto e confermando tale orientamento, dispone che con l’instaurazione di una nuova famiglia di fatto, il diritto dell’ex moglie di percepire l’assegno divorzile non viene solo temporaneamente sospeso, ma decade completamente, anche qualora la nuova convivenza successivamente viene interrotta.
Attraverso il concretizzarsi di tali estremi, la mera convivenza si trasforma in una vera e propria famiglia di fatto.
In conclusione con la creazione di una nuova famiglia di fatto l’ex coniuge che ha dato avvio ad una convivenza, fondata sui requisiti della stabilità e continuità, si assume in un certo qual modo il rischio di una cessazione del rapporto, senza che residui una sorta di ‘solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge’.