La Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con sentenza n. 7076/2012, non ha ritenuto ravvisabile il reato di favoreggiamento alla prostituzione in capo al proprietario di un immobile concesso in locazione ad una prostituta, seppure lo stesso fosse consapevole della professione più antica del mondo esercitata dall’affittuaria.
Inizialmente, il proprietario dell’immobile, pienamente a conoscenza dell’attività più antica del mondo esercitata dalla affittuaria, era stato condannato dai Giudici di primo grado e dalla Corte d’Appello alla pena di anni due di reclusione ed al pagamento di una multa di € 1.000,00, ai sensi dell’art. 3 n. 8 della Legge 75/1958, ovvero favoreggiamento della prostituzione.
Alla luce di precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione che supportavano la tesi per la quale la mera consapevolezza di concedere in locazione un appartamento ad una prostituta non integrava di per sé alcuna fattispecie penale, il proprietario dell’immobile, tramite il proprio legale, presentava ricorso in Cassazione ove gli Ermellini accolsero le ragioni del proprietario.
I Giudici, infatti, hanno sottolineato che, al momento della stipula del contratto di locazione, le Parti avevano stabilito un canone locatizio pari al prezzo di mercato, quindi non esagerato, tale che il proprietario potesse ricavare un profitto proprio alla luce dell’attività svolta dall’affittuaria.
Inoltre, l’inquilina esercitava tale attività da sola e per suo conto e, pertanto, l’appartamento non poteva essere qualificato come una “casa di prostituzione” per la cui sussistenza “è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali, non disgiunta da una pur minima forma di organizzazione”.
Infine, la Suprema Corte ha considerato che”…per favoreggiamento si intende la forma variegata di interposizione agevolativa sotto forma di attività idonea a procurare più agevoli condizioni per l’esercizio del meretricio ed esige, sul piano volitivo, la consapevolezza da parte dell’agente di agevolare, con la propria condotta l’altrui attività illecita, senza che rilevi il movente ed il fine”.
Il proprietario dell’immobile, invece, non ha lucrato o creato per sé profitto concedendo in locazione l’appartamento ad un prostituta, pur essendo pienamente consapevole del fatto che la stessa lo avrebbe adibito a luogo dei propri incontri galanti, essendosi limitato a chiedere il prezzo di mercato.