Nel diritto di famiglia l’affidamento esclusivo dei figli minorenni ad uno solo dei genitori costituisce una deroga, un’eccezione al principio di “bigenitorialità”, così come riformato a seguito della Legge n. 54/2006, il quale prevede che il Giudice, in sede di separazione dei coniugi, affidi i figli minorenni in via principale e prioritaria, ad entrambi i genitori.
Di conseguenza, l’affido esclusivo – proprio in quanto eccezione – è giustificato solo laddove sussistano casi di grave inidoneità educativa da parte di un genitore o di condotta di vita anomala, pericolosa e pregiudizievole per il bambino, quando vi sia una oggettiva lontananza del genitore e, ancora, quando il minore stesso si rifiuti categoricamente di avere rapporti con un genitore (In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 18867/2011).
Proprio alla luce del principio di bigenitorialità e del superiore interesse del minore che funge da bussola per la decisione del Giudice, il Tribunale di Varese, con ordinanza del 21.01.2013, ha rifiutato l’omologa di un ricorso per separazione consensuale in cui una coppia, si era accordata per l’affidamento esclusivo della figlia alla madre, poiché, a parere del Giudice, non emergevano nei confronti di uno dei genitori “circostanze concrete, dettagliate e specifiche tali da rendere inadeguato o pregiudizievole l’affido ad entrambi i genitori”.
La regola dell’affidamento condiviso, pertanto, non può essere negoziabile dai genitori, né può ritenersi ammissibile una rinuncia al medesimo da parte di uno dei coniugi, in quanto trattasi di un Diritto del Fanciullo e non dei genitori, così come enunciato all’art. 315 bis c.c., introdotto con la Legge 219/2012, il quale elenca i diritti propri del figlio, tra cui quello di “ essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”.