Si sa, i bambini, specie se molto piccoli, devono essere sempre controllati a vista, quasi fossero dei “sorvegliati speciali” e a noi adulti non rimane altro che aguzzare gli occhi, diventando ben presto delle trottole che girano intorno a loro e utilizzando mille accorgimenti per evitare che si possano fare male.
E si sa anche che il luogo più temuto è il parco giochi che da luogo di divertimento e gioia può trasformarsi in un vero e proprio inferno.
Ed è proprio quello che nel lontano 1998, a Fossacesia, in provincia di Chieti, è successo, ad un bimbo, all’epoca di sei anni, il quale, accompagnato al parco giochi comunale dalla madre, è scivolato sui bulloni metallici presenti sull’attrezzo, cadendo dal cavallo a dondolo sopra il quale giocava e riportando dei danni permanenti al volto.
I genitori, subito, presentavano ricorso avanti al Tribunale competente, convenendo in giudizio il Comune di Chieti – ritenuto responsabile dell’evento dannoso a danni del piccolo – e chiedendo, pertanto, la condanna del medesimo al risarcimento dei danni.
Sia il Tribunale prima che la Corte d’Appello dopo, concordavano nel ritenere infondata la responsabilità a carico del Comune abruzzese, laddove era stato rilevato che le giostre, installate di recente, non erano difettose e risultavano perfettamente conformi alla normativa speciale in materia di sicurezza. Inoltre, non erano state prodotte prove sufficienti volte ad accertare il nesso di causalità tra il gioco e l’incidente.
Dello stesso avviso, è stata la Corte di Cassazione, la quale, con sentenza n. 18167 del 25.08.2014, ha escluso qualsiasi responsabilità per custodia addebitabile al Comune, sostenendo, anzi, che l’incidente era da ricondurre alla probabile scarsa, se non insufficiente, attenzione della madre.
La Cassazione ha, così, sottolineato che in ordine all’applicazione dell’ipotesi di responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Comune, “fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa – sicchè , quando la situazione di pericolo comunque ingeneratasi – sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento”.
Seguendo quindi un orientamento già consolidato, gli Ermellini hanno rimarcato sul fatto che un adulto, e a maggior ragione un genitore, “che accompagna un bambino in un parco giochi deve avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell’altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si è verificata, l’esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare”.
I Giudici di Piazza Cavour hanno concluso sostenendo che la caduta di un bambino da una giostra, è intesa quale evento certamente prevedibile ed evitabile con un grado normale di diligenza, e, rigettando il ricorso presentato dai genitori, hanno ritenuto che “l’utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi – a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto – non si connota, di per sé, per una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti“.
Che ne pensate di questa sentenza?
Vi sembra un po’ troppo severa e “punitiva” nei confronti di un genitore – pur sempre essere umano che può sbagliare, impotente di fronte a certe disgrazie e non dotato del dono dell’ubiquità?
Oppure, assolutamente giusta ed equa per tutti quei genitori “distratti” e “superficiali” che, utilizzando una maggior dose di prudenza, avrebbero potuto evitare il verificarsi di eventi dannosi per i figli, limitando così i danni?