Capita, purtroppo non di rado, che i nostri parenti più prossimi possano essere affetti da malattie fisiche e/o mentali (demenza senile che può colpire i più anziani) o essere colpiti da infermità mentale o fisica che possono renderli più fragili fisicamente e psicologicamente, oppure più inclini a fare scelte sconsiderate o non vantaggiose per loro stessi (sperperando per esempio il proprio patrimonio, oppure compiendo scelte sconsiderate sulla propria persona).
Proprio al fine di evitare che commettano azioni “sconsiderate” o “scellerate”, il Legislatore, accanto all’istituto dell’inabilitazione e dell’interdizione (per i casi più gravi), con la Legge n. 6/2004 ha introdotto l’articolo 404 codice civile che disciplina l’istituto dell’amministratore di sostegno, inteso quale istituto di protezione in favore di persone del tutto o in parte prive di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana (per esempio: malati, soggetti affetti da sindrome di down, malati psichici, persone con disabilità fisiche, alcolisti, tossicodipendenti, persone affetti da morbo di Alzaihmer o da demenza senile).
Nella nuova Legge si fa riferimento non più soltanto a soggetti ben definiti ed individuati come i sordomuti, i ciechi, i prodighi, coloro che sono dediti all’uso di sostanze psicotrope o alcol, ma ad ogni persona che “per effetto di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi”.
Il ricorso – che deve contenere i motivi per cui si chiede la nomina dell’amministratore di sostegno – può essere presentato avanti al Tribunale Tutelare del luogo di residenza del beneficiario dal beneficiario stesso, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal pubblico ministero, dai responsabili dei servizi sociali e dai sanitari laddove il soggetto sia già sottoposto a cure mediche.
E proprio qui entra in gioco il ruolo estremamente significativo e delicato del Giudice il quale, alla luce della documentazione medica fornita, dopo aver sentito personalmente il beneficiario, considerati i suoi bisogni, il suo stato di salute fisica e mentale, con decreto motivato può nominare l’amministratore di sostegno, indicando la durata dell’incarico e gli atti che il beneficiario può svolgere da solo e quelli per cui è necessaria la presenza dell’amministratore.
L’uso del condizionale è d’obbligo in questo caso: il Giudice, infatti, può accogliere il ricorso, nominando l’amministratore di sostegno, così come può rigettare, indicandone i motivi, la domanda presentatagli.
Ed è questo il caso di un Giudice Tutelare che aveva rigettato il ricorso presentato dal padre di un ragazzo affetto da una grave patologia psichiatrica, non ritenendo necessario nominare un amministratore di sostegno laddove il giovane era circondato da persone in grado di fornirgli piena assistenza, soprattutto laddove non vi sia alcun obbligo in capo al Giudice di procedere alla nomina dell’amministratore.
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del padre, con ordinanza n. 13929 del 18.06.2014, ha dichiarato che l’art. 404 del codice civile che prevede la possibilità da parte dei parenti prossimi del soggetto in difficoltà di richiedere la nomina di un amministratore di sostegno, “non esime il Giudice dalla nomina di un amministratore di sostegno in presenza di una condizione di incapacità. La discrezionalità rimessa al Giudice, prosegue la Corte, attiene solo alla scelta della misura più idonea. In caso contrario il soggetto incapace sarebbe privato anche di quella forma di protezione dei suoi interessi, meno invasiva, costituita appunto dall’amministrazione di sostegno”.
Se ci sono i presupposti per la nomina, dunque, il Giudice è quindi vincolato a procedere alla stessa, salvo conservare margini di discrezionalità operativa.