A causa dei latrati del proprio cane, una coppia di coniugi veniva condannata per disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.) e per omessa custodia e malgoverno di animali (art. 672 c.p.), non avendo impedito il latrato del cane nelle ore diurne e anche notturne.
I coniugi proponevano ricorso in Cassazione, in quanto per la configurazione del reato ex art.659 c.p. sarebbe stato necessario che la condotta del cane creasse nocumento alla pubblica quiete e, in relazione al reato ex art.672 c.p., ritenendo che il reato fossestato depenalizzato.
Gli Ermellini accoglievano il ricorso della coppia e annullavano la sentenza impugnata senza rinvio.
Per quanto riguarda il reato di cui all’articolo 659 c.p., la Cassazione ha stabilito che la sentenza deve essere annullata per insussistenza del fatto addebitato agli imputati, poiché manca uno degli elementi costitutivi del reato, ovvero l’interesse tutelato dal legislatore che e’ la pubblica quiete: per essere lesa i rumori devono avere una tale diffusione che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere sentito da un numero indeterminato di persone.
Nel caso di specie le abitazioni degli imputati si trovava in aperta campagna, a molti chilometri di distanza dal centro abitato, quindi non risultava che, oltre ai denuncianti, altre persone potessero essere disturbate dai latrati del cane.
In ordine alla violazione dell’articolo 672 c.p., la fattispecie risultava essere stata depenalizzata ai sensi della Legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo 33, comma 1, lettera a). Sicche’ il fatto non era più previsto dalla legge come reato.