Non tutti, forse, sanno che, per recuperare i propri crediti, il creditore, in possesso di un titolo, una sentenza o un decreto emesso da un Giudice, può procedere all’esecuzione forzata nei confronti del debitore.
Per tale scopo, è bene conoscere, magari attraverso visure, se il debitore possiede dei beni e quali beni: mobili, immobili, titoli di credito, azioni, conti correnti.
Ma quali sono le procedure esecutive più frequenti e quelle più proficue perché il creditore possa recuperare i propri crediti?
Premesso che tali procedure presentano dei costi piuttosto elevati, soprattutto quella immobiliare per la quale devono essere sostenute anche le spese per il Notaio, la più utile e certamente vantaggiosa per il creditore, rimane certamente quella presso terzi.
Se infatti il debitore risulta nullatenente, se non ha beni immobili di proprietà oppure pochi beni mobili con scarso valore, non è opportuno avviare una procedura immobiliare o mobiliare, essendo preferibile optare per una procedura presso terzi, laddove egli percepisca uno stipendio in qualità di lavoratore dipendente o possieda conti correnti, titoli o pensione.
Così, nella procedura presso terzi, il creditore potrà agire pignorando nei limiti di un quinto le somme che il terzo (Banca, INPS, datore di lavoro) deve al debitore esecutato a titolo di deposito, stipendio o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento o alla pensione.
Con l’atto di pignoramento presso terzi – notificato sia la debitore che al terzo – viene fissata udienza di comparizione presso il Tribunale competente (ovvero la sede o la residenza del terzo), nella quale il terzo specifica di quali somme o di quali cose del debitore si trova in possesso ed il Giudice, con provvedimento, provvede ad assegnare tale somma al creditore.
Si badi bene che il terzo è tenuto a comparire solo quando il pignoramento riguarda stipendi e altre indennità relative al rapporto di lavoro, negli altri casi è sufficiente che il terzo (per esempio la Banca) comunichi la dichiarazione entro dieci giorni dalla notifica dell’atto al Legale del Creditore.
Ma cosa succede se il terzo non compare all’udienza o non rende la dichiarazione?
Il novellato articolo 548 c.p.c. precisa che in caso di crediti di lavoro, la mancata dichiarazione del terzo o la mancata comparizione in udienza equivale alla non contestazione del credito medesimo e alla relativa assegnazione dello stesso a favore del creditore.
Negli altri casi, su richiesta del creditore si instaura, ai sensi dell’art. 548 c.p.c., un procedimento ordinario, detto accertamento del terzo, volto ad accertare l’esistenza dei crediti del debitore esecutato nei confronti del terzo.
E qui sorge una domanda spontanea: chi sosterrà le spese del nuovo procedimento?
Il Tribunale di Frosinone con sentenza n. 454 del 25.04.2014 ha deciso di addebitare per intero alla banca le spese del nuovo giudizio derivante dalla mancata dichiarazione resa dal terzo o dalla mancata comparsa dello stesso in udienza, nonostante l’accertamento del credito fosse risultato negativo.
Le ragioni di tale pronuncia risiedono nella considerazione che, a parere del Giudice, il terzo, nella persona del direttore di banca, aveva colpevolmente omesso di accertare la notifica del pignoramento e di rendere la dichiarazione.
Tale omissione è risultata da sola la causa dell’instaurazione di un giudizio di accertamento e del conseguente – evitabilissimo – aggravio di spese processuali.