Capita sempre più spesso che, sulle strade italiane, si verificano incidenti, spesso purtroppo anche mortali, a seguito dell’assunzione di alcool oltre la misura consentita per legge.
Ai sensi dell’art. 186 del Codice della Strada, è rigorosamente vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza all’uso di bevande alcoliche, prevedendo quale sanzione il pagamento di un’ammenda variabile a seconda del tasso alcol emico rilevato, che per legge non può essere superiore a 0,5 grammi per litro, conseguente alla sospensione della patente di guida.
Senza entrare nel merito del limite consentito dell’alcol stabilito per legge e della validità dell’etilometro come unico strumento per rilevare e valutare la presenza dell’alcol, la Cassazione Penale è intervenuta in merito alla possibilità o meno di rifiutarsi di sottoporsi al test dell’etilometro.
Nella recente sentenza n. 22231 del 27.09.2013, la Suprema Corte ha dichiarato punibile di per sé tale rifiuto, a prescindere dal fatto che l’accertamento alcolemico sia l’unico modo per riscontrare il tasso alcolico e anche quando la presenza delle sostanze alcoliche possa accertarsi altrimenti.
Il rifiuto volontario, pertanto, può consistere come valido elemento di prova indiziaria della sussistenza stessa dello stato di ebbrezza.
E ancora, gli Ermellini precisano che il rifiuto è illegittimo a prescindere dall’effettività o meno dello stato di ebbrezza, rifiuto che nel caso sottoposto alla’esame degli Ermellini, si era verificato prima dell’evidenziazione del non funzionamento dell’apparecchio.
Non è la prima volta che la Suprema Corte si esprime in tale senso.
Prima della sentenza sopra richiamata, infatti, i Giudici hanno ribadito come il rifiuto di sottoporsi al test alcoli metrico venga inteso quale reato a natura istantanea, perfezionandosi con il rifiuto medesimo dell’interessato, a nulla rilevando il fatto che l’automobilista, dopo quasi un’ora dal rifiuto, ci avesse ripensato, decidendo di sottoporsi al test (Cfr. Cass. Penale n. 5909 del 08.01.2013).