Cessata Convivenza: Oggi un problema particolarmente sentito in caso di cessazione della convivenza,è quello relativo all’assegnazione della casa familiare.
In caso di cessata convivenza cosa succede al convivente non proprietario dell’immobile o non intestatario del contratto di locazione?
Il convivente, a differenza del coniuge, è legato al partner proprietario dell’immobile da un mero rapporto di fatto, quindi non gode di un autonomo diritto alla coabitazione, come quello previsto dall’art. 143 c.c. a favore dei coniugi, ma ha semplicemente un godimento di fatto.
Se, in passato, il convivente non proprietario dell’immobile era considerato un semplice ospite della casa familiare, oggi, la giurisprudenza prevalente, riconosce al convivente una tutela possessoria con la conseguenza che, l’estromissione violenta o clandestina del convivente dall’unità abitativa, compiuta dal partner giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio nei confronti dell’altro anche se il convivente estromesso non vanti un diritto di proprietà sull’immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi (Cass. civ. sez. II, 21. 3.2013, n. 7214).
Ciò vuol dire che il convivente more uxorio, cessata la convivenza, non può rimanere indefinitamente nell’abitazione familiare, comprimendo così il diritto di proprietà del convivente o in caso di morte del proprietario dell’immobile, dei suoi eredi, ma può rimanere nell’abitazione per un certo periodo senza che il convivente proprietario possa estrometterlo repentinamente.
La recente sentenza n.8911 emessa dal Tribunale di Roma sez. VII civile in data 4.5.2016 , ha stabilito che in caso di morte del partner titolare dell’appartamento, il convivente non proprietario non può vantare il diritto all’usucapione anche se la convivenza sia durata da più di venti anni. Pertanto gli eredi del partner potranno comunque imporgli di lasciare l’immobile, sempre concedendogli un congruo termine per organizzare le sue cose e trovare un altro alloggio.
In conclusione:
- nel caso in cui il contratto di affitto della casa familiare sia intestato solo a uno dei due conviventi, in caso di recesso o di morte da parte di quest’ultimo, l’altro partner può subentrare nel contratto e rimanere all’interno dello stesso immobile;
- nel caso in cui l’appartamento sia invece di proprietà di uno dei due conviventi, in caso di morte da parte di quest’ultimo, all’altro spetta il diritto di continuare a vivere nella dimora per un periodo limitato, rapportato alla durata della convivenza. Quest’ultimo diritto però – come chiarito dalla sentenza in commento – non può implicare alcuna possibilità di invocare, a favore del convivente non proprietario, l’usucapione dell’immobile.