Non sono infrequenti gli incidenti, talvolta anche gravi, che si verificano ogni anno sulle piste sciistiche delle nostre montagne.
Una volta che accadono tali infortuni, tuttavia, non è sempre e comunque il gestore dell’impianto sciistico il soggetto giuridicamente ritenuto responsabile dell’incidente occorso allo sciatore e di conseguenza tenuto al risarcimento del danno.
Infatti, il gestore è tenuto al risarcimento del danno solo “quando sussistano condizioni particolari di pericolo ed egli non adotti adeguate protezioni e segnalazioni”.
A puntualizzarlo è stata proprio la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione che con sentenza n. 4018 del 19.02.2013 ha rigettato il ricorso presentato da uno sciatore che nel 1999 aveva chiesto un risarcimento danni pari ad € 250 milioni delle vecchie lire a seguito di una caduta dagli sci poiché lo stesso – avevano rilevato i Giudici – procedeva “a velocità non consona, lungo una pista di media difficoltà larga circa trenta metri, in una zona ad ampia visibilità” e quindi “ in assenza di quelle condizioni particolari che, secondo la normativa del settore, impongono misure protettive al gestore della pista”.
Nel caso sottoposto all’esame dei Giudici della Suprema Corte, non si ravvisava una situazione di pericolo stante la larghezza della pista, la mancanza delle curve, la visibilità, la mancanza di pendenza verso l’esterno, oltre alla condotta colposa del danneggiato che, anzi, procedeva a velocità non adeguata e consona.
Inoltre, precisa la Suprema Corte, per individuare un comportamento colposo in capo al gestore della pista sciistica con conseguente risarcimento del danno è necessario che il danneggiato “provi l’esistenza di condizioni di pericolo della pista che rendono esigibile la protezione da possibili incidenti”, mentre sul gestore dell’impianto “ricade l’onore della prova di fatti impeditivi della propria responsabilità quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato a percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo”.