Assegno di mantenimento: lo stato di disoccupazione esonera il coniuge obbligato dal versamento dell’assegno periodico?
La somministrazione periodica dell’assegno di mantenimento per la moglie e di contributo al mantenimento per gli eventuali figli minorenni o maggiorenni non indipendenti economicamente viene stabilita in sede di separazione e divorzio dal Giudice.
Tale assegno, su istanza di parte, laddove sopravvengono nuovi e giustificati motivi, può essere revocato oppure modificato (elevato o ridotto a seconda dei casi).
Per “cause sopraggiunte” si intendono tutti quei fatti o quelle circostanze nuove, tali da determinare la revoca o la modifica del quantum dell’assegno.
Una delle possibili “nuove circostanze” per le quali è possibile chiedere la modifica dell’importo dell’assegno è certamente il miglioramento delle condizioni reddituali o economiche sia del coniuge beneficiario dell’assegno (perché ha iniziato o trovato un’attività lavorativa più remunerativa) che del coniuge obbligato.
Ma cosa succede se, invece, la situazione economica di uno dei due coniugi ha subito un deterioramento, un peggioramento a causa della crisi globale o della perdita del lavoro? Fino a che punto, il coniuge “più sventurato” deve corrispondere l’assegno periodico?
Posto che la mancata – e volontaria – corresponsione del mantenimento costituisce un reato perseguibile ai sensi dell’art. 570 c.p. per “violazione degli obblighi di assistenza famigliare”, la Suprema Corte – Sezione penale – ha più volte posto la propria attenzione su diverse ipotesi in cui la semplice perdita del lavoro o una condizione economica precaria non è sufficiente, da sola, a liberare il coniuge obbligato.
Con la recente sentenza n. 15432 del 12.04.2016, gli Ermellini hanno confermato tale orientamento: il semplice stato disoccupazionale non giustifica, di per sé, il coniuge obbligato a non corrispondere l’assegno di mantenimento.
Infatti, è necessario provare elementi in più, per esempio, che tale status disoccupazionale economica perdura da tanto tempo e non per un periodo breve e, soprattutto che durante questo tempo non si è rimasti con le “mani in mano”, ma si ci si è attivati per cercare una nuova occupazione.
Inoltre, l’incapacità economica deve essere assoluta : ovvero il coniuge obbligato non solo non deve avere più un lavoro, ma neppure un conto in banca (oppure averlo, ma “prosciugato”), beni mobili, proprietà o qualunque altra entrata, reddito o introito.
Quindi, per evitare di essere perseguiti per il reato di “violazione degli obblighi di assistenza” è necessario che l’impossibilità economica del coniuge obbligato sia totale, assoluta, persistente, oggettiva e incolpevole (sono escluse, quindi, le dimissioni e il licenziamento per colpa).
Insomma, secondo i Giudici, solo se, praticamente, si dorme per strada e si mangia alla Caritas, si può evitare una eventuale condanna per violazione degli obblighi di assistenza famigliare.