Il quantum dell’assegno di mantenimento chiesto al Giudice dal coniuge più debole al fine di agevolare la propria situazione di fragilità economica è uno degli aspetti più difficili dal quale hanno origine, in assenza di un accordo comune, il maggior numero di controversie che, inevitabilmente, protraggono a dismisura i tempi della separazione.
Al fine di coadiuvare il Giudice della separazione nel quantificare l’importo di tale assegno, la Corte di Cassazione, ormai da tempo, ha elaborato, con le sue sentenze, una serie di criteri e linee guida per cercare di “personalizzare” la somma di tale sussidio periodico.
Il quantum naturalmente viene individuato caso per caso, valutando, per esempio, oltre alla condizione economica di ciascuna parte,le ragioni che hanno condotto alla fine della matrimonio, il contributo personale offerto da ciascun coniuge al menage familiare, alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, tutto ciò anche in rapporto alla durata stessa del matrimonio.
Importante è altresì la durata della relazione matrimoniale: tanto più breve è stata l’unione matrimoniale, tanto meno dovrà essere versato a titolo di assegno di mantenimento.
Tuttavia, anche in caso di un matrimonio “lampo”, durato pochi anni o addirittura pochi mesi, la corresponsione dell’assegno di mantenimento, la cui funzione è strettamente quella di tutelare il coniuge più debole, non può essere esclusa.
È ciò che ha dichiarato la Suprema Corte con ordinanza n. 2343 del 05.02.2016.
Il Giudice, inoltre, nel “personalizzare” il quantum dell’assegno di mantenimento dovrà valutare caso per caso e tenere in considerazione, anche, le spese che il coniuge obbligato al mantenimento dovrà sostenere a seguito della separazione (per esempio la compravendita, o anche la locazione, di un nuovo appartamento in cui vivere).