La separazione giudiziale può prevedere, ove sia espressamente richiesto da uno dei coniugi, l’addebito della stessa a carico dell’altro coniuge laddove sussistano comportamenti – valutati caso per caso secondo la discrezionalità del Giudice – contrari ai doveri nascenti dal matrimonio, quali l’assistenza morale e/o materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia, la coabitazione e la fedeltà, così come sancito all’art. 143 c.c.
Ai fini dell’accoglimento della richiesta di addebito, è ovvio che i comportamenti adottati da uno dei due coniugi devono essersi verificati in epoca antecedente la pronuncia di separazione (o in ogni caso, adottati in pendenza di regolare rapporto coniugale) e che vi sia un nesso di causalità tra la condotta e la crisi coniugale.
La sentenza n. 23426 del 19.12.2012 della Corte di Cassazione, Sezione Prima, ha chiarito che l’onere di provare il rapporto diretto tra il comportamento posto in essere dal coniuge (nella fattispecie, l’infedeltà coniugale) e il generarsi dello stato di intollerabilità della prosecuzione della convivenza grava sul coniuge che richiede l’addebito; è invece a carico del coniuge resistente la prova delle eccezioni processuali, come per esempio, la non anteriorità del comportamento adottato rispetto al verificarsi dell’effettiva crisi coniugale, a nulla rilevando, ai fini dell’addebito, l’abbandono della casa coniugale e le relazioni extraconiugali intervenute solo in epoca successiva.