L’articolo 143 del codice civile elenca gli obblighi che derivano dal vincolo matrimoniale, ovvero l’obbligo reciproco di fedeltà, assistenza materiale e morale, collaborazione nell’interesse della famiglia e coabitazione.
Precisato ciò, la pronuncia di addebito a carico di uno dei coniugi non può fondarsi solo ed esclusivamente sulla mera violazione dei doveri sopra richiamati, essendo necessario accertare se la violazione di uno di questi obblighi abbia assunto efficacia causale nel determinare la crisi del rapporto coniugale.
Molto frequente e interessante è la violazione dell’obbligo di fedeltà che ha dato origine ad una copiosa e ricca giurisprudenza.
In particolare, la Cassazione è recentemente intervenuta su un caso di separazione giudiziale dei coniugi con richiesta di addebito al marito, reo di aver tradito la moglie – con poca dose di fantasia – con la propria segretaria.
Contro la sentenza di condanna del Tribunale, il marito presentava ricorso in appello sostenendo, a sua discolpa, che la propria condotta sarebbe stata “legittimata” dal rifiuto ingiustificato della moglie di non volere figli.
La Corte d’Appello revocava l’addebito posto a carico del marito, sostenendo che la relazione extra coniugale era una semplice reazione proporzionata al comportamento della donna, anch’esso contrario ai doveri matrimoniale.
La moglie presentava ricorso in Cassazione giustificando la propria scelta – non assoluta – di non avere figli in quel preciso momento, alla luce dell’andamento della vita coniugale che risultava già incrinato e posto in crisi e che la relazione del marito era addirittura antecedente alla sua dichiarazione.
Orbene, la Corte di Cassazione con la recente pronuncia del 21.09.2012 n. 16089, ha bocciato entrambe le sentenze, essendo oramai condiviso e universalmente riconosciuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte che la violazione del dovere di fedeltà va posto in relazione con l’accertata intollerabilità della convivenza, essendo il tradimento è subentrato in una situazione di crisi coniugale già esistente.
Viceversa, la scelta della donna di non voler avere figli – scelta non assoluta ma dettata da un determinato contesto – non può coincidere con una violazione del dovere di fedeltà, poiché il mettere su famiglia coincide con una libera scelta della coppia e del singolo, non esistendo alcun dovere di procreare, e il dovere di fedeltà dei coniugi sancito nel codice civile mira semplicemente a tutelare l’unità familiare e la salvaguardia della famiglia, senza comprimere la libertà del singolo.
La separazione dei due coniugi, pertanto, è rimasta una separazione senza addebito.