Alla fine di una convivenza, la convivente more uxorio può continuare a rimanere nella casa familiare anche se questa non le appartiene?
Nella fattispecie una donna viveva con la figlie avute dall’ex compagno nell’immobile di proprietà di quest’ultimo, il quale lo aveva però venduto prima dell’assegnazione della casa da parte del Tribunale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17971 dell’11 settembre 2015, ribaltando le sentenze di primo grado che avevano dato ragione alla società immobiliare che aveva chiesto il rilascio della casa, ha affermato che l’immobile abitato dai figli minorenni della coppia di fatto doveva essere assegnata al genitore collocatario.
Secondo gli Ermellini non ha inciso, dunque, nella fattispecie in esame il fatto che il l’affidatario dei figli non sia il conduttore (in caso di locazione) o il proprietario dell’immobile.
Infatti, un consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene le esigenze dei figli minori più importanti di qualsiasi titolo in base al quale il genitore affidatario occupa l’immobile. Il nucleo costituzionalmente protetto della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell’immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario.
Sulla scorta di tali principi la Cassazione ha stabilito che l’assegnazione dell’immobile disposta dal Tribunale dei Minori fosse opponibile anche al terzo acquirente, in ragione della preesistenza, rispetto all’atto di alienazione, della qualifica di detentrice qualificata del bene in capo alla donna e della indiscussa destinazione dell’immobile a casa familiare; circostanza della quale l’acquirente era certamente a conoscenza come dimostrato in giuduzio.