I nostri amici a quattro zampe stanno acquistando un ruolo di sempre maggiore importanza nelle cause tra coniugi, infatti spesso il Giudice nelle sentenze di divorzio o separazione si pronuncia anche sulla sorte dell’animale. Ma a chi spetta l’affidamento del cane o del gatto quando le coppie scoppiano? La valutazione avviene caso per caso.
Innanzitutto bisogna vedere se la coppia ha figli, poiché se vi è un minore che abbia affetti, prevale l’interesse a mantenere intatto il suo interesse. Infatti, il Codice civile, trattando della separazione tra coniugi, all’articolo 155 parla di tutela dell’interesse morale e materiale del bambino, e ciò può quindi esplicarsi anche nel non privare il minore dell’animale domestico.
Sulla base di tale presupposto, il Tribunale di Milano ha ratificato, con provvedimento del 13 marzo 2013, un accordo di regolamentazione dei rapporti post matrimoniali, in cui si disponeva dell’affidamento del gatto al coniuge a cui era affidata la figlia. Questa sentenza indica l’attenzione per la tutela del minore, che avrebbe altrimenti ricevuto un ulteriore trauma per la separazione dall’amato gattino, ma anche pone l’attenzione sull’animale di casa, non più considerato come un oggetto, ma come essere “senziente”. Il Trattato di Lisbona così ha definito gli animali, e attraverso tale definizione ne ha sancito i diritti.
Se non vi sono minori, sarebbe opportuno trovare invece un accordo tra ex coniugi per non far soffrire l’animale e soprattutto per evitare di privare uno dei due dell’affetto dell’animale per mera ripicca. In tale situazione, il Giudice deve valutare caso per caso l’intensità del rapporto dell’animale con uno dei separandi.
In generale, le spese di mantenimento poi seguono l’usuale ripartizione tra ordinarietà (a carico del coniuge affidatario) e straordinarietà (a carico di entrambi i coniugi) previste per le cause di separazione.