Le foto del tradimento fatte dall’investigatore privato assoldato dal coniuge tradito sono sufficienti come prova dell’addebito?
Nella fattispecie una moglie ha chiesto che venisse addebitata la separazione al marito il quale aveva una relazione extra coniugale e come prova aveva esibito in giudizio delle foto del tradimento.
L’uomo si era opposto affermando che l’unione coniugale era già da lungo tempo compromessa e ha contestato genericamente la prova fotografica, solo perché lesiva della privacy.
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 1 luglio 2015, ha accolto le richieste della donna, in quanto il coniuge pedinato non ha contesto la fondatezza del report investigativo, ma si era limitato a dolersi della violazione della propria riservatezza.
Tale comportamento può essere considerato come una tacita ammissione dei fatti e, una volta superata l’eccezione sulla lesione della privacy, la prova raggiunta con le foto prodotte in giudizio è più che sufficiente a far scattare l’addebito.
Infatti l’art. 115 c.p.c. prevede che se un documento prodotto in un procedimento non viene contestato specificamente assume il valore di prova (principio di non contestazione).
Si sottolinea comunque che se invece le foto fossero state contestate, si sarebbe resa necessaria anche l’escussione del detective per fondare la prova del tradimento e del conseguente addebito del marito adultero.