Il regolamento di condominio costituisce la fonte primaria dei diritti e degli obblighi di tutti i condomini. L’art. 1138 c.c. impone ai condomini di adottarne uno se il numero degli stessi è superiore a dieci.
Nella fattispecie, un condomino aveva mutato la destinazione d’uso dei propri locali destinati ad autorimessa, successivamente adibiti prima a scuola pubblica e poi a comunità di residenza per minori e anziani, senza tuttavia metterlo per iscritto nel regolamento.
La Suprema Corte, nella sentenza n. 2668 depositata il 5 febbraio 2013, ha ritenuto illegittimo il mutamento della destinazione d’uso dei suoi locali non messo per iscritto nel regolamento, non essendo sufficiente a desumere il nuovo accordo il mero comportamento concludente dei condomini, in quanto nessuno di questi si era opposto quando i locali erano stati adibiti a scuola.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infatti che la formazione del regolamento condominiale è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam.
La prescrizione di tale requisito formale si desume infatti dalla circostanza che l’art. 1138 ultimo comma cod. civ. prevedeva la trascrizione del regolamento nel registro già prescritto dall’art. 71 delle disp. di att. al cod. civ..
Inoltre, quanto alle clausole del regolamento che abbiano natura soltanto regolamentare (e siano perciò adottabili a maggioranza), trova applicazione il settimo comma dell’art. 1136 cod. civ., che stabilisce la trascrizione delle deliberazioni in apposito registro tenuto dall’amministratore (onde anche la deliberazione di approvazione di tale regolamento per poter essere trascritta deve essere redatta per iscritto); mentre, quanto alle clausole del regolamento che abbiano natura contrattuale, l’esigenza della forma scritta è imposta dalla circostanza che esse incidono, costituendo oneri reali o servitù, sui diritti immobiliari dei condomini sulle loro proprietà esclusive o sulle parti comuni oppure attribuiscono a taluni condomini diritti di quella natura maggiori di quelli degli altri condomini.
Per cui, gli Ermellini ritengono esclusa la possibilità che attraverso comportamenti concludenti dei condomini si possano apportare modifiche del regolamento di condominio poiché la forma scritta deve ritenersi necessaria anche per le modificazioni, in quanto, essendo queste ultime sostitutive delle clausole originarie del regolamento, devono avere i medesimi requisiti delle clausole sostituite.