Comodato d’uso mancato rilascio . Continuare ad occupare un appartamento detenuto in comodato d’uso, nonostante la richiesta di lasciarlo libero puo‘ configuare il reato di cui all’art. 614 com. 2 c.p.
In caso di soccombenza reciproca le spese possono essere accollate a chi abbia dato causa, agendo o resistendo alle altrui pretese infondatamente.
Una bella sentenza del Tribunale di Ivrea, sez civile, giudice Matteo Buffoni,( Sentenza n. 608/2017 pubbl. il 05/07/2017) ha chiuso una causa curata dal nostro Studio di Torino e ci dà modo di estrapolare due interessanti principi di diritto.
I sigg. S. e V., coniugi e genitori di parte convenuta S.A., chiedevano che il figlio rilasciasse la loro abitazione dalla quale avevano dovuto allontanarsi a causa del comportamento violento di costui.
Scrive il giudice in sentenza “Sotto il primo profilo è sufficiente considerare che l’occupazione dell’immobile di Settimo Torinese, da parte del sig. (omissis) è dato assolutamente pacifico in causa, così come è pacifico che i suoi genitori si siano allontanati dallo stesso alloggio (nel quale hanno convissuto per anni con il figlio e che risulta di loro proprietà: cfr. doc. 1 fasc. attoreo).
Non rileva, in questa sede, accertare la causa dell’allontanamento: ciò che conta è che i sigg.ri (omissis) abbiano intimato al figlio di rilasciare l’immobile in loro favore (cfr. raccomandata prodotta sub 2 fasc. attoreo, ricevuta dall’odierno convenuto in data 22/9/2016).
Dal momento in cui la richiesta di rilascio è pervenuta nella sfera di conoscenza del sig. (omissis), la detenzione del bene da parte sua ha assunto il carattere dell’illiceità: si rammenti infatti che l’art. 614, comma 2, c.p. configura il reato di violazione di domicilio nel caso in cui l’agente si trattenga nei luoghi menzionati nel primo comma della medesima disposizione “contro l’espressa volontà di chi ha diritto di escluderlo”.
D’altro canto il sig.(omissis), nel costituirsi in giudizio, non ha dedotto alcun titolo idoneo a legittimare la perdurante occupazione: se prima della ricezione della suddetta raccomandata il suo comportamento poteva trovare giustificazione nella tolleranza degli aventi diritto (o in un contratto di comodato perfezionatosi per fatti concludenti), di certo dopo il 22/9/2016 la tolleranza è venuta meno (o comunque il comodatario avrebbe dovuto restituire l’immobile a semplice richiesta dei comodanti ex art. 1810 c.c.).
Nel corso dell’odierna udienza il difensore del convenuto ha obiettato che l’immobile sarebbe accessibile agli attori, perché il suo assistito non avrebbe mai impedito a costoro di rientrarvi a loro piacimento.
In verità l’argomento difensivo non ha pregio, perché la causa petendi della domanda attorea non poggia su un allegato spossessamento, bensì su una dedotta detenzione senza titolo: accertato che il sig. (omissis) detiene l’immobile in assenza di una valida giustificazione giuridica, non rileva stabilire se la sua relazione di fatto con il bene si esplichi in maniera tale da escludere qualsiasi altro soggetto (e in particolare i legittimi proprietari) dal godimento dello stesso.
Nel caso di specie i proprietari dell’immobile intendono (ri)acquisirne la piena disponibilità, e – a fronte dell’assenza di un titolo a loro opponibile dal parte del sig. (omissis) – la detenzione ingiustificata deve cessare a prescindere dal fatto che essa si sia tradotta o meno in uno spoglio del possesso.
Ne discende che il sig.(omissis) deve essere condannato al rilascio in favore dei sigg.ri (omissis) /……/
Ai fini della distribuzione del carico delle spese di lite, vengono in rilievo i seguenti principi: “La regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2, c.p.c.);
A tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento” (Cass., sentenza n. 3438/2016).
Nel caso di specie si versa in un caso di soccombenza reciproca, perché gli attori ottengono il rilascio dell’immobile ma risultano soccombenti in punto risarcimento del danno.
In ipotesi di tal fatta, la distribuzione del carico delle spese deve avvenire sulla base del seguente criterio: “Occorre cioè procedere alla individuazione della parte cui siano eventualmente imputabili in prevalenza, per avervi dato causa, agendo o resistendo alle altrui pretese infondatamente, gli oneri processuali ricollegabili all’attività svolta per la istruzione e decisione delle varie domande proposte, o dei vari capi dell’unica domanda, o anche dell’unica domanda che sia risultata solo in parte fondata” (cfr. già citata Cass., sentenza n. 3438/2016, in motivazione).
Assumono dunque rilevanza le seguenti considerazioni: i costi dell’attività processuale svolta sono interamente imputabili al sig. (omissis) che ha continuato ad occupare l’immobile pur a fronte della richiesta di rilascio formulata dagli odierni attori. Inoltre il convenuto ha rifiutato di conciliare la lite alle condizioni proposte dal Giudice, le quali, visto l’esito del giudizio, si sarebbero rivelate particolarmente vantaggiose per lui.
Si stima congruo, pertanto, condannare il convenuto alla integrale rifusione delle spese di lite sostenute dai sigg.ri (omissis).
Pertanto la detenzione ingiustificata dell’immobile in comodato deve cessare a prescindere dal fatto che essa si sia tradotta o meno in uno spoglio del possesso.