Il figlio può essere affidato al genitore il quale abbia instaurato una relazione omosessuale. Lo afferma la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 601 depositata l’11 gennaio 2013, ha respinto il ricorso di un uomo di religione musulmana che si era opposto all’affidamento del figlio alla sua ex compagna la quale dopo la separazione era andata a convivere con un’altra donna.
Gli Ermellini hanno rigettato le doglianze dell’uomo affermando che nel ricorso “non risulta alcuna specificazione delle ripercussioni negative, sul piano educativo e della crescita del bambino, nell’ambiente familiare in cui questi viveva presso la madre”. I motivi proposti dal padre risultano generici, non evidenziano il danno al figlio.
Il ricorso del padre era basato su un mero pregiudizio non dimostrato e non era supportato da alcun dato scientifico; il genitore dava per scontato ciò che, invece, non lo era. La Cassazione ha confermato, infatti, quanto già statuito dal giudice d’Appello, che fosse più negativo per il bambino vivere con un padre effettivamente violento che con un genitore omosessuale.
Per cui secondo la Cassazione l’omosessualità della madre non è un elemento da cui nascerebbe l’impossibilità di aver cura del figlio, poiché tale orientamento sessuale non è intrinsecamente “diseducativo”; quindi, eventuali danni che potrebbe subire il bambino in caso di affidamento esclusivo devono essere dimostrati dal padre e non solo supposti sulla base di un pregiudizio. L’essere omosessuale non è una ragione ostativa all’essere buoni genitori.