Nonostante sia un obbligo imposto dal Codice della Strada a decorrere dall’Aprile del 2006, capita molto spesso, purtroppo, che i passeggeri non indossino le cinture di sicurezza.
La mancata osservanza di tale obbligo suscita non poche problematiche quando si tratta di individuare il tipo di responsabilità e, di conseguenza, quantificare il danno, in caso di incidenti stradali.
Succede, non raramente, che il Giudice di merito possa rigettare la richiesta di risarcimento dei danni per le lesioni subite proprio perché il passeggero non indossava le cinture al momento del sinistro, talvolta anche senza che nessun accertamento sia stato effettuato nel corso di giudizio sull’omesso uso dei dispositivi di sicurezza.
Come nel caso di un ricorso presentato avanti alla Corte di Cassazione a seguito del rigetto della domanda di risarcimento danni formulata dal terzo trasportato che, non munito di cinture di sicurezza, aveva subito delle lesioni.
La Suprema Corte, con sentenza n. 7777 del 03.04.2014 – accogliendo il ricorso del povero passeggero – ha ribadito che, in tema di risarcimento del danno, l’art. 1227 c.c. distingue l’ipotesi in cui il fatto colposo del creditore – danneggiato abbia concorso al verificarsi del danno, da quella in cui il comportamento dello stesso ne abbia prodotto soltanto un aggravamento, senza tuttavia contribuire alla sua produzione.
Una volta che il danneggiato abbia offerto la prova del danno e del nesso causale con il fatto illecito, spetta al debitore – danneggiante dimostrare che il danno sia stato prodotto, pure se in parte, anche dal comportamento del danneggiato ovvero che il danno sia stato ulteriormente aggravato da quest’ultimo.
Quindi, in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato – nella fattispecie l’omesso uso delle cinture di sicurezza – nella produzione dell’evento dannoso, la prova che il danneggiato avrebbe potuto evitare dei danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza, deve esser fornita dal debitore – danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore – danneggiato.
Prosegue la Suprema Corte sostenendo che il Giudice di seconde cure che ha respinto la domanda di risarcimento del danneggiato avrebbe dovuto accertare, alla luce delle prove esistenti, se il mancato utilizzo delle cinture abbia in qualche modo contribuito alla determinazione del danno, ed in caso positivo, determinarne l’entità.