È noto che la vita in un Condominio non è facile, e si scandisce tra schiamazzi, pianti (legittimi e comprensibili) dei neonati, latrati degli amici a quattro zampe, passeggio in case con zoccoli o tacchi alti negli orari più disparati (probabilmente la condotta più odiosa e maleducata), uso alto del volume della radio o della televisione.
Su tutti, il rumore certamente più odioso resta – specie nella fase della centrifuga – quello della lavatrice che, per motivi di economia e praticità, viene utilizzata specialmente in orari serali/notturni o durante i “pisolini pomeridiani”, recando disturbo ai condomini dei piani inferiori.
L’art 844 del codice civile contiene il cosiddetto divieto di immissioni (fumo, calore, esalazioni, scuotimenti e, per l’appunto, rumori) da parte del proprietario di un fondo nei confronti di un altro (vicino) se superano la normale tollerabilità.
Secondo una giurisprudenza ampliamente consolidata il limite della normale tollerabilità è superato allorché la differenza tra il rumore complessivamente misurato e il rumore di fondo eccede i 3 decibel, considerando che l’aumento dei decibel oltre tale soglia comporta – sul piano della fisica – un raddoppio dell’intensità sonora che non può essere in alcun modo accettabile per il proprietario dell’immobile che subisce l’immissione rumorosa e che, pertanto, può essere legittimato a chiedere il risarcimento dei danni (morali e biologici) subiti.
Ciononostante, tale paramento non vincola il Giudice, risultando possibile che, anche laddove venga superato tale limite, non vi sia un diritto al risarcimento dei danni subiti.
La Cassazione, infatti, con sentenza n. 22105/2015 ha rigettato il ricorso di un condomino del piano di sotto che chiedeva il risarcimento dei danni morali e biologici subiti da lui e dai suoi famigliari a seguito dei rumori causati dall’elettrodomestico in questione collocato al piano di sopra in corrispondenza della propria camera da letto.
A parere degli Ermellini, infatti, “il limite della normale soglia di tollerabilità delle immissioni, a norma dell’art. 844 c.c., non ha un carattere assoluto, ma relativo, nel senso che deve essere stabilito con riguardo alla circostanza concreta, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione”.
Pertanto, il Giudice si basa certamente sui parametri dei decibel consentiti (per l’appunto tre), ma non ne può rimanere necessariamente vincolato, conservando così un ampio margine di discrezionalità alla luce della concreta ed oggettiva situazione e cercando di controbilanciare i vari e differenti diritti ed esigenze.
Nel caso di specie, gli Ermellini hanno così accertato che la lavatrice incriminata sita al piano superiore, a carico pieno e nella fase della centrifuga, superava certamente i tre decibel, ma non era stato provato dal vicino-ricorrente né l’uso prolungato e particolarmente intenso né che i lavaggi avvenissero nelle “fasce protette” (di notte o durante il “pisolino pomeridiano”), essendo emerso, invece, che il rumore si protraeva per soli 5-10 minuti e in orari non destinati al risposo.
Massaie di tutta Italia, almeno per ora, potete tirare un sospiro di sollievo e continuare nelle vostre faccende domestiche!