Con la separazione e con il divorzio non si è più marito e moglie ma, di certo, si rimane sempre e per sempre genitori!
E se, indubbiamente, si rimane genitori facendo sì che il figlio venga affidato ad entrambi i coniugi tramite l’affido condiviso (sono davvero poche e residuali le ipotesi di affido esclusivo a favore di uno solo dei genitori), evitando così, nel limite del possibile, una rottura definitiva e radicale che possa creare traumi ai figli, specie se minorenni, gli stessi genitori non devono trascurare l’aspetto economico, altrettanto importante.
Proprio per questo, in sede di separazione e, successivamente di divorzio, il Giudice, valutate le situazioni di reddito del coniuge obbligato, disporrà in capo al figlio minorenne e/o al figlio maggiorenne non indipendente economicamente, un assegno periodico di mantenimento.
È oramai consolidato e risaputo che anche il figlio maggiorenne se non indipendente economicamente, ha diritto di essere mantenuto.
Naturalmente, ogni situazione andrà esaminata caso per caso, e, l’assegno di mantenimento non può intendersi come perpetuo!
Il figlio maggiorenne, o magari ultramaggiorenne, trentenne per esempio, non può rimanere per sempre in una posizione di dipendenza economica dai genitori, gravando così sugli stessi e comportandosi come un vero e proprio parassita o, peggio, utilizzare vari pretesti per rimanere in una situazione a lui più favorevole, ovvero a “casa di mammà e papà”.
Per esempio, il figlio che si rivela sfaticato o che per colpa propria non vuole “allontanarsi da casa”, o frequenta fuori corso l’università senza profitto alcuno, non può utilizzare l’assegno di mantenimento come comodo, o peggio pretesto per ricevere periodicamente soldi: in presenza di tali situazioni il genitore obbligato al mantenimento può chiedere in ogni momento la revoca dell’assegno.
Tra i casi più recenti ricordiamo quello di una figlia, una giovane ultratrentenne che aveva rifiutato di lavorare nell’azienda del padre adducendo come motivo che la ditta si trovava in una località troppo lontana da dove abitava e avrebbe dovuto, ogni giorno, fare la pendolare.
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 2236 del 03.02.2014 ha così stabilito che il rifiuto della figlia aveva fatto desumere l’indipendenza della stessa, e per tale ragione è stata rigettata l’istanza presentata dall’ex moglie di ottenere un contributo dall’ex marito per il mantenimento della figlia.
Pertanto, il contributo per il figlio maggiorenne può essere negato ogniqualvolta questi rifiuti un’opportunità di lavoro, anche saltuario tale da essere indipendenti, oppure rimanga nella sede universitaria senza esercitare alcun profitto negli studi.