Responsabilità medica prova . Attraverso la sentenza in commento emessa dalla Suprema Corte di Cassazione la n. 24074 del 13.10.2017, vengo esaminati i profili di responsabilità inerenti le attività medico-chirurgiche.
Il caso a cui fa seguito la pronuncia in esame, ha preso le mosse dal ricorso presentato da una paziente avverso una sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva rigettato la domanda di risarcimento danni presentata dalla donna a seguito delle lesioni subite dal decorso post operatorio di un intervento chirurgico.
Nel merito, la Corte d’Appello di Palermo, aveva respinto una richiesta di risarcimento danni a carico dell’Assessorato alla Sanità della Regione Siciliana, di un chirurgo operatore, dell’assistente sanitario e del primario del reparto, a seguito di un operazione iniziata in via laparoscopica e terminata in via laparotomica, che aveva poi richiesto un successivo intervento riparatorio, eseguito poi in un’altra struttura.
Nelle motivazioni della sentenza, la Corte aveva ritenuto che l’intervento chirurgico, fosse stato eseguito correttamente e che le lesioni subite dalla paziente, rientravano nelle complicanze tipo di quel determinato intervento.
La paziente, nettamente in disappunto con quanto affermato, ha proposto ricorso al Supremo Organo.
Gli ermellini, esaminato in punto la questione, hanno invece ritenuto meritevoli di accoglimento le motivazioni di ricorso presentate dalla danneggiata paziente, ritendo che, nel caso di complicanze subite a seguito di un intervenuto chirurgico, l’indagine dei giudici non può limitarsi al solo accertamento della loro insorgenza.
Nei casi di specie, l’indagine deve essere estesa alla verifica dell’imprevedibilità e inevitabilità e dell’inesistenza di un nesso causale e la tecnica operatoria prescelta dai medici.
Infine il giudice deve verificare anche l’adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per rimediare alla complicanze.
La Cassazione, ha quindi ritenuto fondata, la richiesta della paziente, considerando: “l’ipotesi della lesioni alla via biliare durante un intervento come complicanza statisticamente rilevata nella letteratura scientifica carente di supporto esplicativo e che non tiene conto che la nozione di ‘conseguenza inevitabile’ determinata dalla correttezza della manovra operatoria non si concilia con la rilevazione statistica della lesione solo nell’1% dei casi”.
La Cassazione, ha quindi dato ragione alla paziente ricorrente e ha rinviato alla Corte D’appello la sentenza di quest’ultima.
In conclusione, la Suprema Corte di Cassazione, ha quindi ritenuto che, grava sul medico l’onere di dimostrare che le complicanze insorte durante un intervento chirurgico di routine siano derivate da omessa o insufficiente diligenza o da imperizia.