Revoca gratuito patrocinio: La Corte Costituzionale con la sentenza del 30 gennaio 2018 n.16, si è espressa in tema di revoca gratuito patrocinio e liquidazione del compenso al difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio.
La pronuncia in commento ha tratto origine da un giudizio che aveva ad oggetto il ricorso in opposizione ad un decreto di mancato pagamento dei compensi professionali richiesti dal difensore di un imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
L’attività svolta dal difensore, oggetto di contestazione, concerneva un giudizio di cassazione ove veniva dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione.
Il difensore aveva dapprima investito della questione la Corte di Appello di Salerno, ove erano state sollevate questioni di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 3, comma 2, 24 commi 2 e 3, e 36 della Costituzione, dell’articolo 106, D.P.R. n. 115/2002 concernente il testo unico delle spese di giustizia, nella parte in cui prevede che “il compenso al difensore di parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non viene liquidato qualora l’impugnazione venga dichiarata inammissibile, senza distinzione alcuna in merito alla causa d’inammissibilità”.
Il giudice a quo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in quanto detta norma non distingue, ai fini della liquidazione del compenso professionale, le cause della inammissibilità.
La questione si spostava poi dinanzi alla Corte Costituzionale, ove i Giudici hanno rilavato che l’art. 106, D.P.R. 115/2002 mira a contemperare due distinti interessi; ovvero da un lato, garantire a tutti i soggetti non abbienti il diritto di difesa, e dall’altro, la necessità di contenimento della spesa pubblica evitando che siano liquidati compensi professionali per attività superflue ed inutili ove l’esito di inammissibilità sia largamente prevedibile se non perfino previsto già al momento del deposito dell’impugnazione.
Nella sentenza in commento infatti si legge: “In tema di patrocinio a spese dello Stato, è cruciale l’individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia. Del resto, nella giurisprudenza di questa Corte al riguardo (da ultimo, sentenza n. 178 del 2017) è frequente il riferimento al generale obbiettivo di limitare le spese giudiziali, ed è sottolineato il particolare scopo di contenere tali spese soprattutto nei confronti delle parti private.
Da ciò ne consegue che la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata infondata poiché il risultato che si chiede di ottenere con una pronuncia di accoglimento è raggiungibile attraverso una mera interpretazione della ratio legis della norma censurata.
Così, la disposizione censurata non limita irragionevolmente il diritto di difesa, ma sollecita una particolare attenzione in capo al difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato. E la mancata liquidazione del compenso, se le impugnazioni coltivate dalla parte siano dichiarate inammissibili, si giustifica, per le ipotesi in cui la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione risulti ex ante prevedibile, proprio perché, altrimenti, i costi di attività difensive superflue sarebbero a carico della collettività.
Per cui la revoca gratuito patrocinio è possibile.