La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1025 depositata il 11 luglio 2013, ha statuito che i nonni hanno diritto al risarcimento per la morte del nipote anche se questo non era convivente.
A parere degli Ermellini “non può infatti ritenersi determinante il requisito della non convivenza con i nonni ai fini della determinazione del risarcimento, poiché attribuire a tale situazione un rilievo decisivo porrebbe ingiustamente in secondo piano l’importanza di un legame affettivo e parentele la cui solidità e permanenza non possono ritenersi minori in presenza di circostanze diverse, che comunque consentano una concreta effettività del naturale vincolo nonno-nipote”.
La Cassazione, rilevando che al giorno d’oggi è molto frequente che i giovani si spostino in altre città o all’estero per motivi di studio o di lavoro, staccandosi quindi dalla famiglia di origine, ha ritenuto che l’elemento principale da prendere in considerazione al fine di valutare l’importanza del legame affettivo, piuttosto che la convivenza, è la sussistenza di molteplici contatti telefonici o telematici.
La Suprema Corte infatti ha affermato che è proprio la caratteristica di intenso livello di comunicazione che rende del tutto superflua la compresenza fisica nello stesso luogo per coltivare e consentire un reale rapporto parentale e ciò vale tanto per i nonni verso i nipoti quanto per i genitori verso figli che lavorano o studiano in altra città o addirittura all’estero.
Quindi anche in assenza di convivenza, che pur rimane un importante elemento di valutazione, si può comunque dimostrare la sussistenza di un concreto pregiudizio derivante dalla perdita del congiunto, che deve essere risarcito.